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La banalizzazione della musica: ridateci i cantautori italiani

by La Redazione
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Roma, 27 apr – Nell’ambiente dei musicisti si sente sempre più spesso ripetere che le canzoni attuali siano di scarsa qualità, di banale immediatezza e povere di contenuti. Diventa quindi doveroso spiegare perché la musica popolare di oggi non sia all’altezza di quella prodotta ad esempio negli anni Sessanta.

Cosa si intende per musica pop?

Generalmente, il “pop” è un macro genere della musica contemporanea, nato nella seconda metà degli ’50 e comprendente vari sottogeneri della canzone dal rock and roll in poi. È sostanzialmente una musica di facile ascolto e di gradimento per il pubblico. Rientrano nel pop anche la canzone sanremese e i cantautori italiani.

È una musica di massa, ma non sarebbe corretto considerarlo sempre solo come musica “usa e getta”. Molte canzoni dei migliori musicisti ed interpreti sono sopravvissute alla loro epoca, diventando espressioni artistiche: si pensi alle canzoni scritte dalla coppia Mogol-Battisti (Emozioni, La collina dei ciliegi, Il mio canto libero), o interpretate da Mina (Improvvisamente, C’è più samba, Se telefonando, Mi sei scoppiato dentro al cuore).

Chi è musicista e chi non lo è

Cosa distingue il sapore della musica di allora dalle canzoni commerciali di oggi? Per rispondere a questa domanda bisogna fare distinzione tra chi è un musicista e chi non lo è.

I requisiti del musicista pop sono pochi ma fondamentali: che si tratti di un cantante o di uno strumentista, occorre avere almeno un minimo padronanza del proprio strumento e del tempo musicale. Banalmente, è difficile che un cantante ottenga successo se è stonato, difficilmente un chitarrista fa strada se non esegue gli accordi in maniera pulita e a tempo con la pulsazione. Per ottenere dei buoni risultati sono necessari anni di studio (anche da dilettanti) e di esercizio e soprattutto è necessario suonare e provare con il proprio gruppo.

Negli anni Sessanta, in un’epoca dove la tecnica e i computer non potevano sostituire gli strumenti, era fondamentale saper suonare. Infatti, era proprio il suono della voce e degli strumenti a conferire un carattere di bellezza e autenticità a quella musica; non si potrebbe dire lo stesso in alcune delle ultime produzioni musicali, caratterizzate dall’eccessivo utilizzo di campionature e apparecchi elettronici, spacciando la predominanza dell’elettronica come innovazione musicale. In secondo luogo, è importante saper scrivere una canzone, con un testo più o meno profondo che possa catturare l’attenzione del pubblico; in sostanza il contrario di oggi dove la maggior parte delle nuove canzoni (trap o “indie” che siano), lasciano molto a desiderare rispetto alle tematiche trattate.

La banalizzazione della musica

Ma soprattutto, può definirsi musicista chi non sa suonare? Può essere un cantante chi non sa cantare? La logica vorrebbe rispondessimo di no, ma quando l’innovazione tecnica permette l’impossibile, la risposta a questa domanda sembra meno chiara. Se fare musica diventa facile, e in generale, se l’arte si appiattisce ad un livello di banale mediocrità tutti possono essere “artisti”. E così l’autore di un beat può paradossalmente definirsi compositore e un rapper che “parla” in rima su una base registrata può definirsi cantante. Chi non è capace di mantenere l’intonazione può correggerla grazie all’autotune e anche se la voce suona costruita risulta essere “robotica”, poco importa, perché la moda lo richiede.

Guardando al passato invece, ci rendiamo conto che i grandi cantanti e musicisti hanno spesso fatto fatica e hanno sbagliato prima di arrivare ad un certo livello, perché è proprio dagli errori che si migliora. Per provare, per mettere in piedi un repertorio serve costanza e dedizione, registrare dischi e suonare dal vivo richiede impegno e fatica. Se il talento e la bravura non sono più doti richieste, è inevitabile che gran parte delle nuove canzoni siano brutte e passeggere. Perciò tenetevi i vostri cantanti trap/indie e ridateci i cantautori e i De André e i Battisti, ne sentiamo la mancanza.

 

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2 comments

paolo 28 Aprile 2019 - 3:09

quanto è vero….
sono decenni che non sento più una canzone all’altezza
di de andrè,vecchioni,masini,
leali,
al bano,
aznavour,
mina,
martini,
zero
morandi
mango
e mille altri…che fino agli anni ’80
riuscivano ad essere poeti e sognatori,prima che cantanti:
ci sono canzoni di quel periodo che sono delle vere e proprie opere d’arte:
qualcosa di immortale,perchè capaci di parlare all’anima della gente prima che al suo orecchio:
e credo purtroppo….
che visto come sta marcendo tutto,
quel periodo di grazia non lo vedremo più.

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ugo 29 Aprile 2019 - 1:00

E perché non Monteverdi, Peri, Caccini…? Ci sono canzoni di quel periodo che sono delle vere e proprie opere d’arte: qualcosa di immortale, perchè capaci di parlare all’anima della gente prima che al suo orecchio: e credo purtroppo…. che visto come sta marcendo tutto, quel periodo di grazia non lo vedremo più.

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