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Cara Greta, se cerchi chi ti ha rubato i sogni, guarda al Terzo mondo

by Adriano Scianca
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Roma, 27 set – Chi ha rubato i sogni di Greta Thunberg? Qualche giorno fa, l’adolescente svedese a cui è stato affidato il compito di neutralizzare ogni discorso serio sull’ambientalismo ha tuonato così davanti ai capi di Stato mondiali riuniti all’Onu: “Mi avete rubato i sogni”. Accettando solo per un secondo questa grottesca impostazione empatico-virale del problema, resta comunque un dubbio: chi ha rubato i sogni di Greta? Chi è responsabile dell’emergenza climatica?  Chi deve cambiare modello? La risposta del qualunquismo ecologico è semplice: “i governanti”. Se non, direttamente, “l’uomo”. Come se tutti i governi, le comunità umane, i modelli di società fossero identici. E invece, elevandosi appena un pochino al di sopra del livello zero del discorso, si scopre che così non è. Proviamo quindi, senza alcuna velleità di completezza, a mettere insieme un po’ di dati in ordine sparso.

I fiumi più inquinati sono in Asia e Africa

Secondo dati della Banca Mondiale, risalenti al 2014, i 10 Paesi (11, in realtà, dato che all’ottavo posto ci sono due Stati ex aequo) del mondo che emettono più anidride carbonica pro capite sono: Qatar, Curaçao, Trinidad e Tobago, Kuwait, Bahrein, Emirati Arabi, Brunei, Arabia Saudita, Saint Martin, Lussemburgo, Stati Uniti. Si tratta di una statistica che lascia il tempo che trova, dato che non si può pensare che il problema del mondo siano le emissioni di Trinidad, ma in cui spicca l’assenza quasi totale di Stati europei. Secondo un recente un rapporto di IQAir AirVisual e Greenpeace, invece, è in India che si trovano 7 delle 10 città più inquinate al mondo, che salgono a 22 se si guarda alle 30 località peggiori. 

Passando dall’aria alle acque, sappiamo che ogni giorno circa 8 milioni di tonnellate di plastica entrano negli oceani. Ma, cosa significativa, l’80% di questa materia inquinante proviene da solo 10 fiumi. Che, secondo un report del 2017, sono: lo Yangtze (Cina), lo Hai He (Cina), il Fiume Giallo (Cina), il Mekong (6 Paesi attraversati, tutti in Asia), il Pearl (Cina e Vietnam), l’Indo (Cina, India e Pakistan), il Gange (India e Bangladesh), l’Amur (Russia e Cina), il Nilo (7 Paesi attraversati, tutti in Africa), il Niger (7 Paesi attraversati, tutti in Africa). Ma allora perché si continua a dire che abbiamo un problema con “i politici” o con “l’uomo”, quando è cristallino che in realtà abbiamo un problema con i Paesi emergenti? Forse perché prendersela con i governanti in generale non disturba nessuno, mentre cercare di far cambiare politica ambientale alla Cina richiede qualche risorsa politica che vada oltre le capacità di una liceale indignata?

L’agricoltura italiana emette meno gas serra

Ma non è solo fra macroaree e continenti che si registrano significative differenze nell’impatto ambientale delle attività antropiche. Anche all’interno dell’Ue, per esempio, ci sono modelli e modelli. Con 569 tonnellate per ogni milione di euro prodotto, la nostra agricoltura emette per esempio il 46% di gas serra in meno della media Ue e fa decisamente meglio di Spagna (+25% rispetto al nostro Paese), Francia (+91%), Germania (+118%) e Regno Unito (+161%). Passando a un altro dogma del qualunquismo ambientalista, ovvero l’eterno “mangiamo troppa carne e così facendo distruggiamo il pianeta”, si può rintracciare l’origine di questo tipo di argomento in un rapporto allarmistico della Fao del 2006, in cui si stimava che le produzioni animali contribuissero per il 18% alle emissioni globali di gas serra e che fossero responsabili della produzione del 35-40% del totale di metano generato dalle emissioni legate all’attività antropica. Stime più recenti della stessa Fao, tuttavia, riducono al 14% il contributo degli allevamenti animali alle emissioni globali dovute alle attività antropiche. Laddove esiste una zootecnia tecnologicamente sviluppata (tanto per farla finita con l’idea che la tecnica sia sempre nemica dell’ambiente), gli allevamenti producono dal 2 all’8 % del totale delle emissioni.

Ed è poi vero che ne consumiamo troppa? Gli ultimi studi segnalano che in Italia il consumo reale pro-capite di carni totali corrisponde a 104 grammi al giorno (e non a quasi 300 gr come invece si pensava) pari a 728 g alla settimana e 37,9 kg all’anno. È la metà dei famosi 71 chili che spesso sentiamo citare nelle discussioni allarmistiche. E ben al di sotto dei 125 chili annui attribuiti dalle statistiche a ciascun americano (ma bisognerebbe vedere l’attendibilità della statistica). Considerando solo la carne bovina, il consumo reale scende a 29 grammi al giorno pro capite, una quantità che si piazza al di sotto delle raccomandazioni dell’Oms che fissano a 100 gr il consumo giornaliero di carne rossa.

Contro il qualunquismo ambientalista

E così via, si potrebbe continuare all’infinito. Come detto, non si pretende di voler fornire qui uno studio organico, esauriente e definitivo sull’argomento. Non si vuole nemmeno sostenere la posizione reazionaria che intende negare sic et simpliciter l’esistenza di un problema. Ma la questione resta più complessa di come non la faccia la propaganda ambiental-qualunquista e andrebbe impostata tenendo conto di tutti i dovuti fattori geopolitici. Certamente anche lo stile di vita italiano ed europeo ha bisogno di una rivoluzione integrale. Ma l’insistenza del pensiero unico nel mettere sotto processo solo esso, laddove il cuore del problema ambientale è palesemente altrove, rivela una cattiva fede politica e un vizio di forma spirituale che non possono passare sotto silenzio.

Adriano Scianca

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7 comments

Giorgio 27 Settembre 2019 - 3:53

Articolo perfetto, manca solo il voto … 10!

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Il libro dell'acciaio. È uscito "Fino alla fine", il nuovo romanzo di Mellone | NUTesla | The Informant 28 Settembre 2019 - 1:05

[…] guerre ideologiche e mediatiche, che scacciano il reale del pane e della casa per sostituirlo con effimere gretinate ecologiche, sono prodotto di precise scelte oligarchiche, che rispondono solo a criteri […]

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Marco Trevisan 29 Settembre 2019 - 5:32

Alcune osservazioni.
1) “Come se tutti i governi, le comunità umane, i modelli di società fossero identici”. Governi e comunità umane hanno diverse responsabilità in base alle proprie possibilità; le società con stile di vita più elevato (i.e. come la nostra, a prescindere del livello di emissioni pro capite) hanno la possibilità e il dovere di riflettere su questioni globali e sul loro impatto ecosistemico.

2) “I fiumi più inquinati sono in Asia e Africa”. Cambiamenti climatici ed inquinamento non sono la stessa cosa, sebbene il primo sia una spia d’allarme dell’intensità dei processi che portano al secondo. Chiediamoci perché tanto inquinamento in luoghi distanti da noi? Forse una parte del problema sta nel fatto che molti beni di consumo (del nostro consumo, s’intende) vengono prodotti in quei luoghi? Non stiamo forse anche noi, con la “necessità” di cambiare un telefono all’anno, contribuendo alla deturpazione ecologica di altre zone del mondo?

3) “L’agricoltura italiana emette meno gas serra”. Vedi punto 1.

4) “Stime più recenti della stessa Fao, tuttavia, riducono al 14% il contributo degli allevamenti animali alle emissioni globali dovute alle attività antropiche”. Capisco che forse la matematica non le possa piacere, ma le sembra poco?

Mi sembra che il tema chieda una riflessione più profonda, che insista sul carattere globale della rete di connessioni che caratterizzano il nostro mondo e il nostro modello di consumo, che a differenza di culture e nazioni, è decisamente una costante nel mondo attuale.

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Francesca Favretto 8 Ottobre 2019 - 3:47

Bravo Marco! Sono esattamente le stesse riflessioni che ho fatto io leggendo l’articolo.
Personalmente sono dell’idea che bisogni sempre guardare prima se stessi e poi gli altri, quindi diamo il buon esempio: sono stata in Egitto ed ho visto di persona le rive del nilo piene di immondizia, mi veniva da piangere… ma questa è ignoranza. Noi che conosciamo le giuste vie da seguire, seguiamole! E dopo sì che potremo cinentarci nell’istruire e convincere i popoli del terzo mondo a fare lo stesso. Forse Greta non ha il potere di farlo, ma i nostri politici magari sì?

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Marco Trevisan 29 Settembre 2019 - 5:34

Errata corrige. volevo scrivere “Cambiamenti climatici ed inquinamento non sono la stessa cosa, sebbene il secondo sia una spia d’allarme dell’intensità dei processi che portano al primo.”

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Sergio Pacillo 30 Settembre 2019 - 6:18

“I sogni sono importanti”, perché “un giovane che non sa sognare è un giovane anestetizzato, non potrà capire la vita, la forza della vita”.
“Non si comprano i sogni, i sogni sono un dono, un dono che Dio semina nei vostri cuori. Ci sono dati gratuitamente, perché siano offerti gratuitamente agli altri”. No, allora, alla paura: “Siate voi pellegrini sulla strada dei vostri sogni, rischiate su quella strada. Perché la vita non è una lotteria, la vita si fa”. “Non ho mai conosciuto un pessimista che abbia compiuto qualcosa di bene”, ha affermato il Papa citando Giovanni XXIII ed esortando il “popolo” del Circo Massimo a ripeterlo: “Il pessimismo ti getta giù, non ti fa fare niente. E la paura ti fa pessimista”.
Il papa ai giovani l’11 aprile 2018
Io aggiungo: I sogni non possono essere rubati.

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Ora l'Ue pensa a una tassa sulla carne: "E' contro il cambiamento climatico" 13 Febbraio 2020 - 3:32

[…] 13 feb – Non c’è alcun dubbio, l’effetto Greta si fa sentire anche ai piani alti di Bruxelles. Così, dopo la tassa sulla plastica e quella sullo […]

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