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Carlito’s Way: la città occulta diventa Carlos Tevez

by Lorenzo Cafarchio
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tevez bocaBuenos Aires, 6 feb – Ci sono giocatori a cui affidare le redini del gioco, altri a cui assegnare le chiavi della squadra, altri ancora a cui dare la fascia di capitano, infine ci sono quelli a cui basta l’anima. Carlos Tevez da Ciudadela è l’emblema di quest’ultimo tipo di calciatore.

Nato nella miseria più tagliente ai margini dell’oblio che si fa uomo, l’ex Juventus ha attraversato palla al piede il Sud America per lasciare un pezzo del suo cuore al di là del Oceano. Eppure il suo lento vagabondare, fatto di colpi di testa, giocate, vamos, momenti decisivi e cocciutaggine – chiedere a Manchester – lo ha portato di nuovo ad essere uno Xeneises, essenza ultima di quell’Argentina che mai ha lasciato il campione che oggi possiamo ammirare.

Quella gola segnata da una pentola d’acqua bollente cadutagli addosso a soli 10 mesi, quelle braccia dove “raccontarsi sulla pelle una storia travagliata” fatta di una madre scomparsa ai primi vagiti, un padre morto ammazzato ed un fratello arrestato per l’assalto ad un camion blindato, mentre il calciatore, l’uomo si era già fatto, cercava di trovare la giusta alchimia alle dipendenze di Sir Alex Ferguson. Ma le uniche dipendenze a cui Tevez può fare riferimento sono quelle del suo popolo, della sua gente. La maglia numero 10 sulle spalle dipinte di blu con quella riga gialla orizzontale che l’attraversa, la metà più uno – la mitad más uno, motto del Boca Juniors – che diventa essenza unica di una terra che ti porta in dote come figliol prodigo.

Perché Carlitos sotto la maglia, oltre ai tiranti ed un cuore che pulsa, ha sempre nascosto un’altra maglia ben più importante di quelle di mezza europa con sopra patinate griffe. Lui portava il suo essere “villero” la sua Ciudad Oculta. Quel soprannome Apache dovuto ad una baraccopoli, Fuerte Apache, che lo ha visto nascere e dove ora i muri vedono il suo volto, divenuto murales, vegliare su quanto di peggio l’animo umano possa intendere al vocabolo povertà.

Dal 5 febbraio 1984 ad oggi, tra un pallone calciato ed un sorriso rubato ai tifosi, perché tutto accade per un motivo se ti chiami Carlos Tevez e sei il calciatore del pueblo.

“See you again”, il popolo bianconero e Carlos Tevez un’amore indissolubile

https://www.youtube.com/watch?v=NMFmxnov-hQ

Lorenzo Cafarchio

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