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Evans l’enfant prodige del doping, 18 anni e reo confesso

by Lorenzo Cafarchio
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evansLondra, 11 dic – “I ciclisti di diciott’anni comprano e usano eritropoietina” serve parafrasare I Cani, progetto musicale del romano Niccolò Contessa, per andare a sbattere in una nuova vicenda di doping. Questa volta a far scalpore sono le dichiarazioni di Gabriel Evans – nessun vincolo di parentela con il ben più famoso Cadel, campione del mondo a Mendrisio nel 2009 – diciottenne, britannico campione nazionale junior a cronometro.

Evans ha dichiarato di aver acquistato l’Epo lo scorso 3 agosto. “L’11 agosto – ha spiegato il corridore – ho raggiunto la Francia per un campo d’allenamento con la famiglia di un mio compagno di squadra e con me ho portato un flaconcino di Epo. Il padre del mio compagno ha scoperto tutto e ha denunciato il fatto all’agenzia antidoping del Regno Unito. Dalla Ukad mi hanno chiamato e ho confessato quello che avevo fatto, decidendo poi di non disputare lo Junior tour del Galles, l’evento più importante nel calendario della mia categoria”.

“Dopo avere assunto l’Epo ho disputato solo una corsa: il campionato britannico delle 10 miglia, che ho vinto. Quando ho agito non pensavo a quella vittoria”, ha concluso il ciclista che ora vedrà scagliarsi contro di lui il dito indice dei puristi del pedale e della carta stampata. Evans è solamente la punta dell’iceberg, il nuovo capro espiatorio del ciclismo mondiale, uno juniores già caduto nella trappola dei piani alti.

Le tappe bruciate troppo in fretta, le pressioni e la creazione di campioni in provetta, in tenera età, un cancro difficile da estirpare. Del resto per tecnici, insegnanti ed educatori è più facile investire in una siringa che nella formazione di una mente solida, base per gambe che spingono i ciclisti fino alle braccia al cielo in un pomeriggio terso al Tour de France.

Lorenzo Cafarchio

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Adriano Calabrese 12 Dicembre 2015 - 9:51

Ma l’eritropoietina è un doping vecchio come il cuccu, come poteva sperare di scamparla? Comunque è sicuramente la sua società sportiva ad avergliela “consigliata” per poi lavarsene le mani.

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