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Paura dei libri: ecco il club dei censori che disprezza la libertà di espressione

by Lorenzo Zuppini
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Roma, 8 mag – Dopo la lista di proscrizione firmata da Christian Raimo, ci imbattiamo nel codice di accesso proposto da Concita De Gregorio su Repubblica per effettuare uno sbarramento all’entrata del Salone del libro di Torino. Tutto ciò è ideato per garantire la rispettabilità dell’evento letterario più importante in Italia, perché, come dice la De Gregorio “i massoni, i terrapiattisti e cannibali non sono ammessi in questo consesso. Neppure i fascisti dichiarati”. Ovviamente in ossequio a quanto predicato dalla Costituzione che viene tirata come una coperta in qua e in là, in base a quale parte della propaganda antifascista sia necessario dare copertura.

Difatti, come un destino inesorabile viene citato di striscio il 21 della Costituzione sulla assoluta libertà di espressione del proprio pensiero, mentre l’evidenziatore rosso indugia sulla dodicesima disposizione transitoria e finale per la quale è vietato ricomporre il disciolto partito fascista. Dunque esser fascisti non è un reato, e la Carta menziona il fascismo in riferimento a un ben preciso partito nato e vissuto durante un altrettanto ben preciso periodo storico. Sembra quindi che l’allargamento di tale definizione sia del tutto inappropriata, dato che oggi i censori del Salone appioppano l’etichetta di fascista a chiunque non si accodi alle loro iniziative.

Una barzelletta

Si è di fronte a una contraddizione grossolana perché, nello stesso momento in cui costoro affermano di fare tutto questo pazziare nel nome della democrazia costituzionale, amputano un arto fondamentale di quello stesso Stato di diritto che fingono di difendere: ossia la libertà d’espressione. Il tutto dovrà poi basarsi, in un futuro imprecisato, su un documento redatto a casa della De Gregorio o nella redazione di Repubblica da una cerchia ristretta di persone tutte militanti nel solito verso. Sembra la classica barzelletta con le tre o quattro persone, sempre le stesse, che se la ridono e se la cantano: ci sono la De Gregorio, Raimo e la Murgia in un bar…

L’aspetto se vogliamo divertente della questione è la supponenza di questi nuovi eroi popolari che si ergono, senza alcun riscontro nella realtà, a censori del pensiero unico. Non hanno mai preso un voto in vita loro, ogni tanto scrivono un libro in cui nuovamente menano fendenti o creano termometri per misurare il fascismo nei nostri didietro e lateralmente, sottovoce, si definiscono i successori di Pasolini. Questo canaio avviene senza che la loro intransigenza trovi apprezzamento in quel popolo che intimamente disprezzano e che incorona quelli brutti e cattivi. L’introspezione non è parte delle loro abitudini, difatti è degno del peggior disprezzo chiunque non comprenda la bontà delle loro azioni e della loro perenne e stancante, stantia, indignazione. Sembra la resa dei conti dei partigiani verso chiunque fosse anche solo sospettato di esser stato amico di un fascista. Allo stesso modo loro premono il tasto play del solito ritornello bolso che epura dal dibattito civile chiunque non si genufletta ai loro piedi.

Il club esclusivo e i codici etici

Michela Murgia non accettò, al termine della presentazione di una delle sue opere letterarie, le domande dell’inviato di Quarta Repubblica condotta da Nicola Porro. Chiese, ghignando, se non avesse il diritto di rifiutare di interloquire con qualcuno, e ovviamente lo aveva. Ma non è stata in grado di spiegare per quale motivo ritenesse quella trasmissione, e per estensione chiunque la guardi e la apprezzi, indegna di rubare trenta secondi del suo prezioso tempo. Nessuno, neanche lei, riesce a capire da dove discenda questo potere di disfare e riorganizzare un paese intero sulla base delle quattro minchiate squisitamente soggettive che le vengono in mente prima di andare a letto: l’emergenza fascismo e la necessità di manganellare e far bere olio di ricino a casaccio.

La De Gregorio va addirittura oltre e propone di istituire un club esclusivissimo che si occuperà di redigere un codice etico ad hoc per imbavagliare chi a loro sta sulle palle. È facilmente intuibile che a loro non interessi la libertà d’espressione che venne violata dal regime, ma la mera guerra ideologica fratricida che nelle loro menti ottenebrate non è mai terminata. Sembra un barzelletta. Ci sono in un bar la De Gregorio, Raimo e la Murgia…

Lorenzo Zuppini

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