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Decaro, Emiliano, quel pasticciaccio di Bari e le contraddizioni della sinistra

by La Redazione
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Emiliano Decaro sinistra

Roma, 31 mar – La decisione del ministro dell’Interno di aprire una pratica di indagine per verificare le eventuali infiltrazioni mafiose all’interno del Comune di Bari è diventata , più che un caso giudiziario, un caso politico . Non perché in esso vi sia qualcosa di particolarmente eclatante o esoterico (le infiltrazioni mafiose non sono certamente una novità in Italia ) ma perché mettono in luce, ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno , l’atteggiamento delirante della sinistra .

Decaro e la sinistra nel caso di Bari

I fatti sono ormai noti . Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha deciso di inviare una commissione d’inchiesta per capire se e quanto il Comune di Bari , guidato dal sindaco Decaro, sia infiltrato dalla criminalità organizzata . Una decisione che in Italia è stata già presa, troppo spesso, per altri Comuni, ma che questa volta ha suscitato una sorta di pantomima che a ben merito potrebbe entrare nella commedia umana di balzachiana memoria . Il sindaco Decaro, anziché attendere l’esito delle verifiche, ha gridato allo scandalo, al sopruso, all’assalto d’autorità al suo Comune: interviste in Tv, prediche in piazza, grida di sdegno . L’accusa è semplice: la commissione d’inchiesta è stata voluta da un ministro di destra, quindi è un attacco alla democrazia. Addirittura, un esimio studioso – uno di quelli che passano più tempo nei salotti televisivi che nei loro studi (ci si domanda dove trovino il tempo di studiare) ha gridato al fascismo nella pubblica piazza, ricordando come questi metodi siano riconducibili a quelli usati dal Duce, recuperando in tal modo una retorica ormai stantia, vomitevole, che la sinistra da decenni continua a utilizzare, sperando di intontire e impaurire l’opinione pubblica (con effetti evidenti agli occhi di tutti, vista la discesa politica di Pd & Co.).

Alle grida di Decaro – al quale si suggerisce molto umilmente di ricordare il motto latino excusatio non patita, accusatio manifesta – sono seguite le proteste del presidente della Puglia Michele Emiliano, il quale ha raccontato di aver presentato Decaro alla sorella di un noto boss mafioso, sorella che compare anche in una foto con Decaro. Ovviamente, la polemica ha preso fuoco. La leggerezza con cui questa affermazione è stata fatta lascia sbigottiti. Fra l’altro, il che la dice lunga, Emiliano è un ex magistrato che ha combattuto la mafia . Naturalmente, ci sono state smentite, si ha ricordato che la summenzionata sorella non ha nulla a che fare con la criminalità, che la foto era solo un selfie e che un politico di foto del genere ne fa molte; forse è vero, forse no; ma il danno è fatto .

L’estraneità di Decaro ai fatti contestati è finora data per buona (lo stesso procuratore di Bari l’ha sottolineata). Tuttavia, non si può non stupirsi del fatto che il tanto amato sindaco non si sia accorto di nulla; evidentemente gli impegni lo avrebbero assorbito, e ciò gli farebbe onore. Vedremo cosa emergerà dagli interrogatori. Intanto, la retorica del Pd continua: la destra saprebbe di non poter vincere alle prossime elezioni a causa della popolarità di Decaro, così tenterebbe di utilizzare la commissione antimafia per estrometterlo dal gioco politico e prendersi così la città. Curiosa teoria, se si considera che Elly Shlein ha candidato Decaro alle prossime elezioni europee: perché questa scelta? Se Decaro è estraneo ai fatti, come sono convinti in casa Pd, e se è così amato dai baresi, perché candidarlo in Ue e toglierlo ai propri cittadinii, che lo voterebbero di sicuro? Insomma, se la vittoria è comunque certa come mai il sindaco, paladino della giustizia contro i clan, accetta di sottrarsi a loro, di non servirli più?

Le contraddizioni del Pd

Ammettendo che vi sia una risposta a questo quesito (forse Decaro pensa di poter servire meglio Bari da Bruxelles, chissà), un altro quesito immediatamente si pone, ed esso parete da due assunzioni che possono essere date per buone. Il Pd sostiene che la magistratura e le autorità inquirenti siano indipendenti, così come è convinto che il suo amato sindaco De Caro non abbia nulla a che fare con la mafia. Date queste due “certezze”, ci si domanda: perché il Pd è così preoccupato dalla commissione inviata da Piantedosi? Può esserlo per due soli motivi: pensando che la commissione sia pilotata o che Decaro stia nascondendo qualcosa. In quest’ultimo caso, la situazione sarebbe molto grave, perché vorrebbe dire che qualcuno nel partito sia a conoscenza di fatti “scomodi” senza denunciarli. Ci sarebbe ancora una volta una contraddizione, poiché se il Nazareno teme che la commissione non sia indipendente, allora sta sostenendo seppur velatamente che i commissari inviati da Piantedosi siano corrotti e influenzati. In tal modo il partito starebbe più che giustificando lo scetticismo della destra e della pubblica opinione verso le istituzioni inquirenti di questo Paese, magistratura antimafia in primis (su cui già Leonardo Sciascia metteva in guardia): uno scetticismo che rende urgenti misure verso la magistratura che vanno ben oltre il test psicologico per i magistrati.

Se è così, perché il Pd tanto si indigna quando si parla di attuare delle misure di controllo sull’agire e sull’arbitrarietà degli inquirenti? Cosa c’è di così scandaloso, se proprio il Pd mostra di temere tale arbitrarietà? E per quale motivo, ancora, il Pd ha sempre negato che vi sia un’ingerenza pesante della magistratura sul potere legislativo? La posizione del Nazareno, insomma, è ancora una volta contraddittoria, confusa, emotiva, arrogante e presuntuosa, dettata non da logicità ma piuttosto da un mal riposto senso di superiorità morale . Il che, siamo sinceri, non è una novità.

Enrico Cipriani

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