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“Il Drago Invisibile”: il ritorno della Disney alla mitologia europea

by Carlomanno Adinolfi
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Il Drago InvisibileRoma, 29 ago – Succede ancora. Nonostante sia oramai diventata una delle avanguardie del politically correct e della logica lobbistica, come evidenziato negli ultimi film di animazione (Mulan, la Principessa e il Ranocchio) o peggio negli universi Marvel (vedi gli dei di Asgard in Thor o i prossimi film “ghetto” su Capitan Marvel e Black Panther) e Star Wars, la Disney ogni tanto ritrova la bussola e talvolta punta ancora verso quel nord indicato alle origini dal suo fondatore Walt, che al di là delle più svariate teorie complottiste che lo vedono protagonista, fin dagli esordi ha sempre avuto il merito di aver creato un mondo di sogno per fanciulli di tutte le età trasponendovi i vecchi miti e i simboli ancestrali della cultura europea.

Proprio lungo questa direzione, con grande sorpresa, si pone il nuovo film Disney Il Drago Invisibile. Con grande sorpresa perché il film, almeno nominalmente, sembrava dover essere il semplice remake, magari ammodernato, del vecchio film sempre Disney del 1977 dallo stesso titolo (Elliott, il Drago Invisibile, in originale Pete’s Dragon), nulla più di una leggera e simpatica fiaba-musical per bambini con un drago animato che si muove tra attori veri e la cui storia – un drago bambinone e goffo che ogni tanto appare sulla terra per aiutare i bambini orfani e soli, rendendosi invisibile agli altri – ricorda vagamente il canovaccio dell’Harvey di Koster con James Stewart del 1950. Non a caso la sala era piena più di ultratrentenni che magari ricordavano il vecchio film visto da piccoli col nonno che non di bambini e genitori come nel caso di tutte le altre proiezioni Disney. Ma da subito, dalla filastrocca iniziale e dal chiaro sapore mitologico cantata su musiche folk irlandesi che apre i titoli di testa, ci si è accorti che il film era in realtà qualcosa di più. La filastrocca – vai a Nord col vento tra i piedi, lì dove si incontrano i tre fiumi c’è una radura nel cerchio degli alberi dove brillano le stelle misteriose, guardati intorno e nella foresta profonda troverai un drago. Essi vengono dalla terra, dalla pietra, dal freddo Nord che chiamano casa: vai dove la Montagna bacia le stelle – si ricollega alle parole di Robert Redford, che interpreta il vecchio visionario Meacham, intagliatore del legno che scolpisce scene di fiabe nordiche e che assicura di aver visto da giovane un drago.

Un drago che vive nella foresta più profonda, inaccessibile, e che è guardiano e insieme portatore di una magia arcana, sconosciuta a chiunque non voglia vedere “più in là di quello che ha di fronte al naso” e che da subito ricorda, in versione più fiabesca, l’arcano Drago del Merlino di Excalibur. E infatti proprio al centro della foresta, in una zona assurdamente sconosciuta anche agli esploratori della forestale che la percorrono palmo per palmo ogni giorno, proprio sotto all’albero più alto di tutti, un albero totalmente diverso da tutti gli altri e che dalla prima inquadratura non può che ricordare l’Albero Cosmico, abita il drago Elliot in compagnia del piccolo Pete, un orfanello partito con la madre e il padre per “un’avventura” nella foresta finita purtroppo subito male per i genitori ma che si ritrova “adottato” dal drago. E viceversa, dato che il rapporto tra Pete e Elliott sembra quasi simbiotico. Elliott, la cui provenienza boreale è sottolineata dal suo guardare nostalgico ogni notte la Stella Polare, è in grado di rendersi invisibile, di occultarsi a chiunque non sia degno della sua magia.

All’inizio infatti solo Pete, l’orfano della foresta un po’ Mowgli e un po’ Tomme de La Foresta di Smeraldo, può vederlo, e la loro simbiosi sembra voler ricordare che chiunque voglia attraversare la foresta senza perdersi ha assoluto bisogno di quella “magia che viene dal Nord” ma altresì che quella stessa magia ha bisogno di persone che la rendano viva per non sparire del tutto, dimenticata. Pete verrà poi ritrovato dalla piccola Natalie e dalla figlia di Meacham, interpretata da Bryce Dallas Howard, capo della forestale che ama la foresta ma ancora non a tal punto da vederla per ciò che è realmente, ovvero il mondo nascosto, interiore e magico e non solo il boschetto con gli alberelli e gli animaletti da salvare con un ambientalismo superficiale e a cui infatti il centro della foresta è inspiegabilmente celato se non con l’aiuto di Pete e dopo la visione di Elliott. Il ritrovamento del piccolo ovviamente attirerà attenzione degli “uomini malvagi” interpretati dai tagliaboschi che vogliono radere al suolo l’intera foresta senza seguire le regole e che avidamente vogliono “divorare” anche il luogo più arcano e nascosto al suo centro per impossessarsi del Drago.

A quel punto il film segue un po’ il classico cliché alla E.T. ma è pur sempre un ottimo cliché e scorre piacevole pur senza particolari colpi di scena. Fino alla scena finale, in cui senza addentrarsi troppo negli odiati spoilers, possiamo dire che torna nel suo massimo splendore il tema della bussola che indica il nord per non smarrirsi e che indica la Stella Polare e insieme il luogo d’origine di quella magia arcana che rende vivo il mondo e che, in un tripudio di simbolismo ancestrale, coincide con la Montagna (vai dove la Montagna bacia le stelle), simbolo cosmico e polare. E l’evocativa canzone Go North che rievoca la filastrocca iniziale, quasi come un ultimo sprone a seguire sempre la Stella Polare per dirigersi verso il Centro e Origine di tutto, chiude il fantastico film fiabesco e magico nel migliore dei modi.

Carlomanno Adinolfi

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5 comments

Cesare 31 Agosto 2016 - 1:09

Walt Disney era un massone del 33mo grado(il piu’ alto) e tante volte ha inserito nei cartoni messaggi subliminali anche sessuali nascosti(vedere sulla rete) per lavare il cervello ai bambini e portarli ad una sessualizzazione precoce per promuovere l’autoerotismo e la solitudine.Cio’ serviva per contrapporsi al rapporto di amore normale ed in età adulta con una donna che spaventa i poteri forti perchè una coppia ha una forza rivoluzionaria ed è autonoma dai manovratori dei cervelli.L’esoterismo e i messaggi simbolici tutti pagani ed ateisti sono un classico in molte creazioni di Disney e dalla storia di questo film non mi sembra ci sia nulla di diverso.Di conseguenza non comprendo il grande entusiasmo dell’ autore
di questo articolo

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Carlomanno Adinolfi 31 Agosto 2016 - 1:12

Ecco appunto, forse oltre che specificare “al di là delle varie tesi complottiste che lo hanno visto protagonista” avrei dovuto essere un pò più duro onde evitare le solite panzane 😀

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Carlomanno Adinolfi 31 Agosto 2016 - 1:14

Poi il famoso simbolismo esoterico ateista è fantastico…

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Anonimo 31 Agosto 2016 - 7:00

Quali sarebbero le panzane? E’ ben noto che Walt Disney era un massone di alto grado come è noto che la massoneria oligarchica e grande appassionata di esoterismo promuove da decenni l’ateismo.A loro servono pecore senza alcuna identità spirituale, nazionale, sessuale o famigliare cosi’ da poterle plasmare e usare a loro piacimento e senza che si ribellino alle oligarchie

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Carlomanno Adinolfi 31 Agosto 2016 - 7:21

È piuttosto buffo dover parlare di identità spirituale con chi pensa che il simbolismo del Nord, della Montagna, della Foresta e dell’Albero Cosmico sia sbagliato in quanto pagano, come se le radici culturali in cui affonda anche il Cristianesimo europeo non affondino proprio in quella cultura. A meno di non essere un fan veterotestamentario delle radici giudaiche del Cristianesimo, e in tal caso è buffo dover discutere di radici spirituali in generale. È anche buffo dover discutere di cultura con chi parla di “esoterismo ateista” (sic) e di chi pensa che i primi film Disney siano un attacco alla famiglia, portando come prova inoppugnabile “la rete”. Casaleggio ne sarebbe fiero, parlando proprio di massoneria.

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