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Eroi dimenticati: Luigi Corsi, il capitano che affondò con la sua nave. "La mia zattera è per i marinai"

by La Redazione
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Roma, 1 apr – Il 4 aprile 1898 a La Spezia nacque Luigi Corsi, figlio di un ufficiale della marina Italiana. Affascinato dalla divisa e dalla figura del padre, si iscrisse appena 14enne all’Accademia Navale di Livorno e ne uscì con il grado di Guardiamarina.
A soli 19 anni partecipò al primo conflitto mondiale ottenendo il grado di sottotenente di vascello e, nel 1918, anche quello di tenente per essersi particolarmente distinto in battaglia. Già da quel momento si poteva notare ed intuire la grande volontà d’animo e il coraggio che scorrevano nelle vene del giovane marinaio.
Partecipò allo sbarco di Corfù nel 1923 a capo del cacciatorpediniere Confidenza durante la breve crisi italo – greca dei primi anni ’20. Nel 1932 ottenne il grado di capitano di corvetta e venne inviato in estremo oriente a combattere la guerra sino – giapponese con altri soldati dell’aeronautica e della marina di stanza a Tientsin. Dopo l’esperienza in Cina, Luigi Corsi venne mandato a combattere in Africa durante la vittoriosa campagna d’Etiopia.
Nel 1940 venne posto a capo dell’incrociatore Zara distinguendosi ancora una volta nella battaglia di Punta Stilo. Con questa imbarcazione nascerà un stretto rapporto da parte di Corsi: non la abbandonerà, infatti, nemmeno in punto di morte. Sempre con lo Zara combatté la battaglia di capo Matapan il 28 marzo 1941. Tre navi da battaglia britanniche accerchiarono di nascosto con il favore delle tenebre l’incrociatore italiano e lo attaccarono. La nave subì gravissimi danni, ferita da ampi squarci sullo scafo. Le fiamme divoravano il ponte della nave e bloccarono i motori della nave, immobilizzandola. Luigi Corsi ordinò che le scialuppe venissero presto messe in acqua ma, alla richiesta di salvarsi con il resto dell’equipaggio, il capitano rifiutò. Preferì di gran lunga mettere in salvo tutte le vite affidategli prima di pensare a se stesso ma, nel momento di salvare la sua di vita, decise di rendere omaggio alla Patria in altro modo.
“E all’Ammiraglio che lo invitava a salvarsi rispondeva pacato, sereno, tranquillo: “Non mi salvo; la mia zattera è per i marinai”. Dalla plancia, mentre intorno a lui divampava furioso l’incendio, dava ancora l’ultimo comando. “Affondate la nave”. E con essa, che già in altri combattimenti al suo comando aveva vittoriosamente spiegato al vento la bandiera di battaglia, Egli si inabissava nel mare.” Così si spense l’avventura di Luigi Corsi, Medaglia d’oro al valor militare, e, nel cuore della notte, il Mediterraneo riecheggiò del suo urlo di gloria alla Patria: “Via il Re ! Viva l’Italia !”.
Tommaso Lunardi
 

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