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Eroi dimenticati: il redattore del regolamento delle camicie nere, Asclepia Gandolfo

by Tommaso Lunardi
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Roma, 2 set – “La Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale è al servizio di Dio e della Patria italiana, ed è agli ordini del Capo del Governo”: così recita imperioso l’articolo 1 del Regolamento di Disciplina delle camicie nere. Comunemente assegnato solo ed unicamente alla mano di Benito Mussolini, il regolamento venne scritto da più teste tra cui quelle di Balbo, di Compagni, di Igliori e di Asclepia Gandolfo. Quest’ultimo, da eroe della prima guerra mondiale diverrà figura di spicco della M.V.S.N.
IL MASSONE BERSAGLIERE
Asclepia Gandolfo nacque ad Imperia il 22 luglio 1864 da Giuseppe e Carolina Callini. Da giovanissimo entrò in contatto con la massoneria ligure. Si avvicinò in particolare alla loggia “Giuseppe Mazzini” che, però, abbandonò in quanto troppo imbevuta di ideali repubblicani e antimilitaristici. Dopo aver studiato ragioneria, infatti, Gandolfo frequentò la scuola militare di Modena dalla quale uscì, nel 1885, con il grado di sottotenente di fanteria.
Dopo essere stato spostato da un battaglione all’altro, nel 1898 venne affidato al 12° reggimento Bersaglieri. Nel 1902 venne assegnato alla scuola di tiro di Parma dove vi rimase fino al 1905 quando venne trasferito al neonato I reggimento Bersaglieri ciclisti. Dopo aver sensibilmente migliorato e sviluppato questo reparto, il giovane ligure insegnò geografia alla scuola militare di Modena dove ottenne, anche, la nomina prima a maggiore e poi, nel 1916, a colonnello.
A guerra già iniziata, venne affidato al 10° reggimento fanteria “Regina”. Il 29 giugno 1916, sul Monte San Michele, gli Austriaci usarono gas asfissianti per conquistare le postazioni italiane. Asclepia Gandolfo, però, fomentò il coraggio nei suoi soldati e li condusse ad una rapida riconquista della vetta. Per questo motivo ottenne anche una medaglia d’oro al valor militare ma, purtroppo, respirò molto zolfo che gli minò irreparabilmente la salute. Fino al 1917 Gandolfo rimase a combattere sul Carso dove ottenne vari riconoscimenti tra cui il cavalierato dell’Ordine Militare dei Savoia e due medaglie d’argento al valor militare. Nel giugno 1917, a capo di una 31° divisione quasi totalmente sguarnita, riuscì a difendere il tratto tra Faiti e Vipacco, crocevia fondamentale per il passaggio delle truppe in territorio italiano. Nel 1918 ottenne la promozione a tenente generale con la quale poté comandare la sua armata alla vittoria finale contro il nemico austriaco. Tale vittoria gli valse la nomina a ufficiale dell’Ordine Militare dei Savoia.
IL DOPOGUERRA: DA FIUME AL ‘22
Dopo la “vittoria mutilata” nel 1919, Gabriele D’Annunzio invase la città istriana di Fiume. Asclepia Gandolfo venne inviato dal Governo italiano per reprimere la rivolta ma, una volta giunto a Ronchi nel bel mezzo della marcia dei Legionari, il generale ligure si rifiutò di impartire l’ordine di sparare. Questo rifiuto gli valse un processo da parte del capo di governo Nitti che previde il posizionamento ausiliario.
La sua fama interessò moltissimo il movimento fascista locale che lo scelse come capo. Di qui iniziò la sua scalata nei Fasci di Combattimento e nel neonato Partito Nazionale Fascista. Nella sua residenza di Oneglia, assieme ad altri importanti gerarchi fascisti, Asclepia stilò il regolamento delle camicie nere. Dopo una breve parentesi in Sardegna per placare i movimenti indipendenti isolani, divenne membro del Gran Consiglio del Fascismo.
Il vecchio eroe di guerra morì il 31 agosto 1925 a causa di un continuo peggioramento delle sue condizioni di salute dovute anche alle ferite riportate in guerra.
Tommaso Lunardi

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1 commento

Raffo 2 Settembre 2018 - 6:21

Un patriota , un eroe , un vero fascista………la morte , sfortunatamente per lui , lo privò di giorni gloriosi da vivere con fierezza e ardore………a differenza degli smidollati comunistoidi , codardi e vigliacchi , che ci infestano e ammorbano quotidianamente.

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