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Italia, terra di salumi e insaccati: una specialità tradizionale per ogni regione

by La Redazione
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Roma, 2 set – È un periodo storico strano questo, in cui anche lodare e proteggere le proprie eccellenze gastronomiche non è affatto cosa scontata. Tra isterismi vegani, prepotenze islamiche e farneticazioni europeiste, i salumi italiani sono costantemente bersagliati e sottoposti alle più assurde accuse.
Per dimenticare la morbosità del mondo moderno, sono presentati, qui di seguito, venti salumi della penisola italiana: per ogni regione un prodotto tradizionale, qualitativo e con una storia da raccontare.
Piemonte
Il salam d’la Duja, storico insaccato prodotto tra Vercelli e Novara: fatto stagionare in boccali di terracotta (Duja) e avvolto nel grasso di maiale. Questo sistema di conservazione è nato per garantire una stagionatura ottimale dei salami anche in luoghi particolarmente umidi, soggetti all’insorgenza delle muffe. Per consumare il Salam d’la Duja occorre estrarlo dal grasso, pulirlo con un coltello, togliere la pelle e affettarlo; si consuma crudo, tagliato a fette piuttosto spesse, magari accompagnato con purè di patate; inoltre è uno degli ingredienti della Paniscia.
Valle d’Aosta
La mocetta, antico prodotto delle Alpi occidentali, già raffigurata in antichissimi affreschi dei castelli valdostani. Il suo nome per esteso in dialetto è morseau de vianda setza e significa pezzo di carne essiccata. La carne (bovino adulto o capra, pecora,cinghiale, asino, cavallo, cervo, camoscio), soprattutto coscia e muscolo, è insaporita con sale, alloro, aglio, salvia, rosmarino e altre profumate erbe di montagna. Alcuni conciatori aggiungono anche il vino rosso. La carne, coperta di aromi, resta a riposo per circa 20 giorni, pressata in recipienti in terracotta o legno, con un peso sul coperchio per garantire la corretta pressione. È poi appesa e lasciata asciugare e stagionare in luogo fresco e asciutto per circa 3 mesi.
Lombardia
La Luganega. Insaccato di suino caratterizzato da una ricca quanto dibattuta storia: ne parla già Varrone nel 45 ac “…una salsiccia fatta con l’intestino crasso del maiale è chiamata lucanica, perché i soldati l’hanno imparata a fare dai Lucani”. Tuttavia esiste anche l’ipotesi secondo la quale tale prodotto sarebbe stato importato dai Longobardi durante l’occupazione dell’Italia. Particolarmente ricca è la luganega di Monza, nel cui impasto si trovano anche grana, brodo di carne e vino. L’ingrediente fondamentale per il risotto alla monzese.
Veneto
Il prosciutto berico-euganeo DOP, vero crudo artigianale veneto. La produzione di questo prosciutto risale al 1400. Una leggenda racconta di un ebreo del ducato di Candia, convertitosi al cristianesimo, che assaggiò questo gustosissimo prosciutto e disse: “Se avessi immaginato che era così buono, mi sarei battezzato già dieci anni prima”. L’allevamento del maiale (Mas’cio) e la sua uccisione rappresenta una delle tradizioni contadine più antiche e sentite. Lo dimostra il portale della Basilica di S. Marco di Venezia, risalente alla metà del XIII secolo, è decorato da un bassorilievo nel quale il mese di dicembre è rappresentato della macellazione del maiale da parte del mazzìn.
Trentino Alto Adige
La Mortandela affumicata, tipica della Val di Non, a forma di polpetta, leggermente affumicata, viene realizzata utilizzando spalla, pancetta e coscia di maiale. Si produce disossando le carni, togliendo i grassi, macinandole e aggiungendo spezie. Dall’impasto si ricavano le polpette del peso di 2 etti circa. Senza insaccarle vengono fatte asciugare e affumicare per una settimana circa.
Friuli Venezia Giulia
La marcundela, un elemento tradizionale della colazione contadina del Friuli: fegato di maiale tritato nel grasso e avvolto nel diaframma. Il modo più classico per cucinarla consiste nel bollirla in una pentola colma di vino rosso; diffusa anche la frittura in padella, sempre con un’abbondante aggiunta di vino.
Emilia
In quella che è la terra regina per eccellenza dell’arte norcina tricolore, il trono spetta al “re dei salumi”: il Culatello di Zibello DOP. Risalente al XVIII secolo e realizzato dalla coscia di maiale insaccata nella vescica dello stesso, viene lavorato esclusivamente nel periodo fra ottobre e febbraio, quando le nebbie della bassa parmense sono più fitte e gli permettono di assumere il tipico sapore. La stagionatura varia dai 18 ad un massimo di 36 mesi e la sua degustazione va fatta solo a freddo accompagnata dal “rosso” della zona: la Fortana, prodotta dai vitigni delle zone rivierasche del Grande Fiume.
Liguria
Il salame di Sant’Olcese, tipico prodotto genovese, fatto con carni per metà di bovino e per metà di suino, con i caratteristici dadetti di lardo, viene asciugato al fuoco di legna forte ed asciugato all’aria. Pare che che gli antichi Liguri della Valpolcevera avessero appreso dai Romani le tecniche per la conservazione delle carni suine: il salame fu prodotto per la prima volta a Orero, oggi frazione del comune di Serra Riccò, ma sino al 1877 faceva parte del comune di Sant’Olcese. Attualmente la produzione di questo salume è limitata a due salumifici di Sant’Olcese, entrambi di antiche origini.
Toscana
Il Capofreddo di Arezzo, un prodotto eccezionale ottenuto dalla testa del suino: lasciata in acqua fredda per diverse ore e poi fatta bollire a lungo, fino a quando la carne non si stacca dalle ossa. A volte si aggiungono altre parti come la lingua. Si procede poi alla raccolta di tutta la carne, cercando di eliminare al meglio tutte le parti dure. Tutte queste carni vengono tritate grossolanamente e mescolate a sale, pepe, scorza di limone, noce moscata, peperoncino, a volte un po’ d’aglio, e chiuse in un sacco fatto di tela bianca o originariamente di juta. Una volta che sembra non uscire più “gelatina” il sacco viene immerso per pochi secondi in acqua bollente per tre volte, in modo da togliere la gelatina esterna.
Marche
Il ciauscolo IGP, celebre e pregiato insaccato di maiale spalmabile.  “Ciaùscolo, ciavuscolo” deriverebbe da “ciabusculum” ossia piccolo cibo o piccolo pasto, consumato a piccole dosi, fedelmente con la tradizione contadina, negli intervalli tra la colazione ed il pranzo e tra il pranzo e la cena. Lo stesso dizionario Zingarelli fa risalire l’etimologia del nome al 1939 e lega il prodotto alle tradizioni della regione Marche. Vari documenti storici  dimostrano l’uso tradizionale della denominazione e testimoniano la presenza da più secoli di questo prodotto nel territorio delimitato.
Umbria
I mazzafegati, ovvero salcicce di fegato dal sapore forte e aromatico, composte da una parte di fegato tagliuzzato a mano più tre parti di carne di maiale di prima e seconda scelta. Si concia e si insacca nel budello naturale e si divide in rocchi con uno spago sottile come per le normali salcicce. Ottimi sia freschi che stagionati e ne esistono due versioni tradizionali, quelli salati oppure quelli dolci. Nella versione salata la concia è limitata a sale, pinoli e pepe, mentre in quella dolce vi sarà l’aggiunta di zucchero, uva passita e bucce d’arancia.
Lazio
Le coppiette, veri e propri gioielli, non solo per il colore corallino, ma per l’inconfondibile sapore. Il nome deriva dalle tecniche di preparazione che le vuole piegate a metà su un filo posto davanti ad un fuoco per essere essiccate. Questa tecnica è nata dalla necessità di conservare la carne più a lungo possibile, in particolare durante il periodo invernale. Originariamente le coppiette erano solo composte di carne di cavallo: infatti nel Lazio, la tradizione voleva che durante il periodo invernale, i cavalli più vecchi venissero abbattuti, la loro carne tagliata a striscioline ed essiccata ai fuochi dei bivacchi per essere poi consumata.
Abruzzo
Nnuje. Il nome di tale insaccato deriva dal francese Andouille (salsicciotto di trippa), un’origine diffusa in diverse preparazioni del teramano.
E’ un salume tipico di Teramo e dei comuni limitrofi, in particolare delle valli del Fino e del Vomano, ma anche prodotta in alcuni comuni del vastese. Si tratta d’una via di mezzo tra un salame e una salsiccia, preparata con trippa di maiale e pancetta salata aggiungendo rosmarino, alloro, buccia d’arancia, peperoncino. Viene consumata sia fresca che arrosto o anche in padella con aggiunta di vino bianco.
Molise
La ventricina, famosa soprattutto quella di Montenero di Bisaccia: un salume di forma rotonda insaccato nello stomaco del maiale, preparato con carne magra della coscia condita con aromi naturali, prodotta nel periodo invernale, quando si ammazzano i maiali. Cosce, lombo e spalle, separate, mondate, disossate e private delle parti più dure, sono sezionate in piccoli pezzi di due-tre centimetri, che, dopo aver riposato una notte, vengono conditi con sale, polvere di peperone dolce, finocchietto selvatico e pepe.
Campania
Il prosciutto di Pietraroja, un crudo stagionato dell’omonimo paesino che si trova a 800 m s.l.m. in provincia di Benevento. Si prepara con cosce di maiali allevati in zona allo stato brado, rifilate e messe sotto sale per almeno trenta giorni. Terminata la salagione, le cosce sono spazzolate e messe sotto pressa per un paio di giorni, in modo che i tessuti muscolari rilascino acqua e sangue. Finito il ciclo delle affumicature, il prosciutto viene messo in cantina, insaccato in particolari reti che non permettono l’ingresso di insetti, e lasciato stagionare per due anni. Un prodotto noto e apprezzato per questa sua essicazione naturale.
Puglia
La pancetta di Martina Franca, ottenuta da suini allevati allo stato brado in boschi di quercia della Murgia tra i tipici trulli. La preparazione è rigorosamente eseguita a mano, secondo l’antica tradizione tramandata di padre in figlio, alternando le parti magre con quelle grasse e, dopo il lavaggio con vino bianco, viene fatta asciugare e ricoperta da spezie mediterranee, quindi affumicata in modo naturale con corteccia di quercia.
Basilicata
La salsiccia pezzente lucana, un salume ottenuto dalle parti meno nobili del maiale (di qui “pezzente”) tagliati a grana grossa e mescolati con sale, peperone dolce macinato, semi di finocchietto selvatico e aglio fresco, dosati adeguatamente senza nessuna aggiunta di nitriti. Il profumo è speziato e complesso, mentre al palato il sapore risulta morbido, armonico ed equilibrato.
Calabria
Il capocollo calabrese DOP, preparato utilizzando le carni della parte superiore del lombo dei suini, disossato e quindi salato a secco o in salamoia, con sale da cucina macinato. Tale taglio di carne deve presentare uno strato di grasso di circa tre, quattro millimetri per mantenerlo morbido durante le fasi di stagionatura e migliorarne le caratteristiche organolettiche. Alla salatura che dura da quattro ad otto giorni, seguono il lavaggio con acqua e aceto di vino, la “pressatura” e l’aggiunta di pepe nero in grani. Avvolto in diaframma parietale suino e legato in senso avvolgente, con spago naturale, viene posto a stagionare per non meno di cento giorni dalla data dell’avvenuta salatura.
Sicilia
Il salame Sant’Angelo di Brolo (ME). Introdotto dai Normanni e prodotto con lo stesso identico procedimento dal XI secolo. E’ un salame a pasta dura ottenuto tagliando con la punta del coltello solo le parti più nobili delle varie parti del suino, suino cibato con ghiande, fave e crusca. Una volta tagliato, viene condito con pepe nero siciliano e sale marino rigorosamente dalle saline di Trapani.
Sardegna
Presuttu ‘e Brebei, prosciutto di pecora derivato dalla lavorazione delle cosce di pecora di razza sarda. Una carne dal colore bruno intenso, il cui profumo ricorda il formaggio pecorino. Un prosciutto dal sapore dolce, consumato solitamente dopo sei mesi circa dalla maturazione. La stagionatura avviene naturalmente, agevolata dal clima ventoso tipico delle aree montane dell’isola. I prosciutti possono essere commercializzati con o senz’osso, si presentano di colore rosso intenso e sono compatti e poco grassi.
Alberto Tosi

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2 comments

alessandra 3 Settembre 2018 - 12:06

tutti buonissimi ,penso anche se alcuni non li conosco, e alla lista ne mancano tanti altri..Salame milano,luganiga mantovana,San Daniele, prosciutto di norcia….vado a farmi un panino che mi è venuta fame

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Thule 4 Settembre 2018 - 7:40

Ma vergognatevi idioti! Va bene che siete di casapound ma un articolo più materialista di questo non potevate scrivere. Guardate che il rispetto degli animali e dell’ambiente non viene da sinistra. Il Fuhrer non vi dice nulla?

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