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Ferragni e quel mondo di plastica che non rispetta nulla: neanche i bambini

by Stelio Fergola
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Ferragni pandoro

Roma, 15 dic – Ci saranno le contestazioni della diretta interessata, si discuterà, si battaglierà. Intanto però l’immagine che se ne ricava è pessima, e non si può non rimanere con una sensazione davvero sgradevole. Già la “solidarietà” per affrontare problemi che dovrebbero essere “protetti” dalla sicurezza di uno stato sociale che non c’è più è un concetto parecchio fastidioso. Per non parlare dell’ipocrisia di “devolvere l’incasso a favore di”, formula spesso usata dai Vip per sostenere determinate cause che – seppur utilitaristicamente plausibile – lascia l’amaro in bocca per l’affermazione di un principio che può esistere, ma che non andrebbe tanto esibito: “del mio non sposto nulla”. Discorso complesso, che coinvolge molti di noi, anche con parecchi mezzi economici in meno della galassia vip, ma certamente non ci porta a sbattere in prima pagina una solidarietà che non è solidarietà, mettiamola così. Andiamo avanti.

Ferragni, il mondo di plastica incurante perfino dei bambini

Che la Ferragni spacciasse il suo pandoro per un prodotto di beneficenza è un fatto sicuro, accertato, da almeno un anno. Che qualcuno ipotizzasse su alcuni canali youtube la possibilità che si trattasse di una truffa, pure. In realtà, l’anno scorso si era anche affermato che a fare la figuraccia sarebbe stata anzitutto la Balocco “socia” dell’iniziativa, e non la Ferragni. Stando a ciò che l’Antitrust ha appena comunicato alle società dell’influencer, ci appare complicato non sostenere l’esatto contrario, visto che la Balocco, per lo meno, la donazione all’ospedale piemontese l’ha versata davvero (in forma limitatissima e di certo non  sfuggendo all’accusa di condotta ingannevole) , mentre l’universo imprenditoriale di Ferragni e soci non avrebbe spedito neanche il becco di un quattrino.

La tristezza che viene fuori da una storia del genere, peraltro già nota ma ancora non “inquadrata legalmente”, è immane. Il mondo della Ferragni è un mondo di apparenza plastificata, e questo lo sappiamo bene: ma sotto la superficie, ci sarà una dimensione reale per forza, dal momento che dietro le quinte tutti siamo reali. Ebbene, lo spaccato di realtà che viene fuori da questa storiaccia è però ancora peggiore di quello che già era emerso sulla famiglia più social d’Italia: è uno frammento squallido, che non ha rispetto proprio dell’apparenza che esibisce continuamente, neanche in grado di mostrare interesse simulato per l’universo infantile che dice di avere tanto a cuore. In sintesi, la solita ipocrisia insopportabile. Il problema è che in questo caso va a fare pure speculazione commerciale ai danni di persone malate, in certi casi seriamente.

Fare il prezzo è una cosa, illudere in questo modo è ben altro

Illudere o truffare? Usiamo l’espressione “illudere” per non turbare gli animi.  La signora Ferragni – o i dirigenti che guidano le sue società di cui è comunque responsabile, non stiamo a formalizzarci – può far pagare il suo pandoro firmato quanto le pare. Anche centinaia o migliaia di euro. Ovviamente è diritto contestarne l’opportunità o il valore etico, ma sostanzialmente è liberissima di farlo. Non è libera è di spacciare una merce a prezzo più che raddoppiato presentandola come un prodotto utile a curare dei bambini malati. Quello no, proprio non può farlo: comunicativamente, umanamente, eticamente. Non può, perché lì si supera un confine pericoloso e davvero lesivo: quello delle tragedie di chi giovanissimo si trova ad essere malato di tumori maligni (come è il sarcoma di Ewing, appunto). Su certe cose non c’è da scherzare. Non è retorica, ma pratica: dietro quelle storie ci possono essere speranze (magari ingenue, ma pur sempre speranze) di persone che si aggrappano a qualsiasi cosa per contrastare un destino terribile. Altro che scattarsi i selfie promuovendo finti pandori solidali.

Stelio Fergola

 

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