Home » Fusione nucleare: Bologna si candida ad ospitare i test della tecnologia del futuro

Fusione nucleare: Bologna si candida ad ospitare i test della tecnologia del futuro

by La Redazione
1 commento

fusione nucleare reattoreRoma, 9 apr – Lungi da noi essere sospettati di qualsivoglia tipo di simpatia politica nei confronti del Pd in generale e di qualunque suo esponente in particolare, ma se un politico a noi avverso dimostra per una volta di avere la spina dorsale tanto di cappello. Per questo ci sentiamo di levare un calice al sindaco di Bologna Virginio Merola, cattocomunista di sicura osservanza, per aver candidato la sua città come sito del test europeo per la fusione nucleare controllata, il fuoco nucleare di pace come lo chiama il fisico Antonino Zichichi. La sigla è Dtt, che sta per “Divertor Tokamak test”. Si tratta di un impianto in grado di riprodurre in scala ridotta i parametri operativi di un reattore, con l’obiettivo di dimostrare la possibilità di generare energia elettrica tramite la reazione di fusione nucleare a costi competitivi. In parole povere è una sorta di ‘modellino’, un mini-reattore dimostrativo per eseguire test sulla fusione degli atomi usata per produrre energia. Merola ha candidato a questo pro il centro Enea del bacino del Brasimone.

Si tratterebbe di realizzare investimenti per circa 500 milioni di euro, con un indotto stimabile in alcuni miliardi, ma ovviamente la questione va ben al di là della mera contabilità finanziaria ed investe il nostro stesso futuro come nazione e come specie umana. La Francia per esempio ha deciso di puntare sul progetto Iter (International Thermonuclear Expermental Reactor), di cui anche l’Italia a dire il vero è “socia”, che rappresenta una sorta di versione “in grande stile” del prototipo Dtt. In Germania è già stato acceso il Wendelstein 7-X stellarator un altro reattore sperimentale. Tutte queste fantascientifiche installazioni non servono direttamente a produrre energia elettrica per le imprese e le famiglie, ma a dimostrare che è possibile farlo. In un certo senso, possiamo vedere questi reattori come una sorta di immenso “esperimento” in cui si scommette sul futuro dell’umanità. Questi esperimenti vogliono dimostrare che è possibile controllare il processo di fusione nucleare che fa brillare le stelle. Questi reattori non produrranno direttamente elettricità ma calore, che successivamente si può trasformare in energia elettrica tramite la formazione di vapore che andrà ad attivare una turbina. Semplificando al massimo la produzione di energia avviene per mezzo della fusione di atomi di deuterio e trizio, due isotopi dell’idrogeno, allo stato di plasma a temperature comprese fra 100 e 150 milioni di gradi confinato in giganteschi magneti.

L’esperimento tedesco ha prodotto il primo plasma di idrogeno con un impulso di due megawatt di radiazioni a microonde, e riscaldato il gas di idrogeno fino a 80 milioni di gradi per un quarto di secondo. La tabella di marcia prevede poi l’incremento della potenza di riscaldamento a microonde del plasma fino a 20 megawatt, per un tempo massimo di 30 minuti. Solo a partire dal 2019 si faranno reazioni di fusione impiegando anche il deuterio. Per quanto riguarda Iter, il “primo plasma” composto da idrogeno puro (senza deuterio, indi senza reazioni di fusione) dovrebbe essere generato da ITER nel 2025, sempre che il progetto non subisca ulteriori ritardi. La prima fusione con deuterio e trizio, che forse potrebbe essere protratta per qualche minuto, non avverrà prima del 2035.

In effetti, una parte consistente dei ritardi intervenuti nel settore è dato proprio dai litigi infiniti per gli appalti miliardari che ci sono in ballo, con polemiche a non finire. I puritani storceranno il naso, ma è un problema assolutamente inevitabile. Per lo sviluppo servono grandi investimenti. Grandi investimenti comportano molto danaro. Molto danaro equivale ad una occasione che rende l’uomo ladro. E chi se ne importa, aggiungiamo noi, se per realizzare infrastrutture necessarie qualcuno ci mangerà sopra. Anzi, gli auguriamo pure buon appetito, perché il cambio di paradigma a cui stiamo andando incontro è storico, paragonabile forse solo alla Rivoluzione Industriale ed a quella neolitica: energia illimitata, potere illimitato, possibilità di sviluppo illimitato, e l’uomo lanciato alla conquista delle stelle come è nella sua natura e nel suo destino. Per questo il nuovo paradigma deve essere associato ad una nuova cultura politica. Non ci nascondiamo la difficoltà principale: bisogna imparare a pensare in modo diverso. Astrarsi dalla politichetta delle tangenti e guardare all’Universo come frontiera da conquistare. Certamente, i malthusiani non saranno molto felici di questo ma ci spiace molto per loro: il futuro non appartiene ad un miliardo di scimmie spaventate che si litigano l’ultima tanica di benzina, ma a un trilione di conquistatori dell’infinito. Tutto sta nella volontà politica di volerlo effettivamente realizzare questo futuro.

Matteo Rovatti

You may also like

1 commento

Luigi Di Stefano 10 Aprile 2017 - 7:35

Ottimo articolo. Voglio ricordare che l’attività italiana sulla fusione nucleare inizia negli anni ’70 ai laboratori del C.N.E.N. di Frascati e che il primo Tokamak è del 1977 (anno in cui sono entrato io, ma stavo allo I.N.F.N.)
http://www.fusione.enea.it/WHO/history.html.it

Reply

Commenta

Redazione

Chi Siamo

Il Primato Nazionale plurisettimanale online indipendente;

Newsletter

Iscriviti alla newsletter



© Copyright 2023 Il Primato Nazionale – Tutti i diritti riservati