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Gigi Riva, sigarette e filosofia: 50 anni fa la favola del Cagliari campione d’Italia

by Lorenzo Cafarchio
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Cagliari campione gigi riva

Roma, 15 apr – Il 12 aprile 1970 il Cagliari si laurea campione d’Italia per la prima ed ultima volta. Una storia che ci racconta come le imprese sono per sempre. “I ricordi vanno messi sotto teca, appesi a una parete e guardati. Senza tentare di rinnovarli. Mai”. Indro Montanelli. Forse il più grande giornalista d’Italia ci proietta in un ricordo che ha 50 anni. E’ il 12 aprile 1970. Cagliari tricolore. Una dimensione dove il calcio era agli albori del mondo moderno ad un passo dallo schiudersi nella stagione sessantottarda. La rivoluzione dei costumi dei Meroni (morto nel 1967), dei Vendrame e degli Zigoni – ognuno a modo suo scapigliato pallonaro – stava arrivando. I Dik Dik portano nelle nostre radio L’Isola di Wight, ma non è ancora il tempo delle influenze beat anglosassoni, in cima alle classifiche troneggia Domenico Modugno con La lontananza. Per quell’Italia lanciata verso il futuro la voce è ancora quella del migrante di Polignano a Mare cantore del nazionalpopolare. Perché la lontananza “sai è come il vento” e “brucia l’anima”. Ma la leggenda del calcio ha l’appuntamento, proprio come canta Ornella Vanoni. Accettare, per il calcio, questo appuntamento “è stata una follia”. “Questo sole accende sul mio volto un segno di speranza”. Quel sole è Gigi Riva, la speranza Cagliari.

“Rombo di tuono”, il filosofo e gli altri

Sono passate cinque decadi da quando Casteddu ha guardato tutti dall’alto verso il basso. Era una squadra titanica. Albertosi; Martiradonna, Zignoli; Cera, Niccolai, Tomasini; Domenghini, Nenè, Gori, Greatti, Riva. In panchina il filosofo dell’ideologia italiana della pelota Manlio Scopigno. Tutti del nord a parte il meridionale Martiradonna, solo due toscani Albertosi e Niccolai ed il brasiliano, svenduto dalla Juventus, Nenè. In estate i dirigenti Arricca, Bellu e Scopigno tracciano la livrea dei rossoblù. Lasciano partire Roberto Boninsegna da Mantova in direzione Inter per ricevere Domenghini, Gori e Poli. Ma è Rombo di Tuono il baricentro della Sardegna. Lo troviamo “nel fiore della sua prestanza: atletica”, ha 26 anni, “non ha un piede molto delicato, in effetti non gli serve: ma nessuno riesce a battere a volo come lui, nessuno a rovesciarsi come lui em bycicleta, a staffilare da terra su calcio franco, a scattare, entrare, svellere. Riva è il condottiero effettivo del Cagliari: il match-winner sicuro, talvolta il mattatore”. Gianni Brera, ça va sans dire. Ruota tutto intorno a lui, corre rapido sulle strade sarde, spesso le Forze dell’Ordine chiudono un occhio quando lo vedono sfrecciare. Ed ha un vezzo particolare, ossimoro del futbal, le sigarette. Gianni Mura per intervistarlo, dopo un grave infortunio occorsogli in nazionale contro il Portogallo, gli procura un pacchetto di bionde servito direttamente in ospedale. La sublimazione del gruppo cagliaritano proprio nel fumo di sigarette. Un sabato sera precampionato nella stanza di Riva non si dorme. A giocare a poker ci sono lui, Gori, Poli ed Albertosi. Una bottiglia di whisky li osserva. Ad un tratto si apre la porta è Manlio Scopigno. Fosse un western di Sergio Leone sarebbe stato uno stallo alla messicana, tutti con un’arma in mano a tenersi sotto tiro a vicenda. Scopigno estrae dal taschino della giacca una sigaretta e serafico “Dà fastidio se fumo?”. L’armonia e le risate. Riva poi affermerà “da quel giorno saremmo andati in guerra per lui se ce lo avesse chiesto”. In guerra no, ma nell’Olimpo del calcio sì e per sempre.

Il sogno di un’isola errante

Il momento più alto a Torino contro la Juventus l’ultima ad arrendersi a metà marzo. I bianconeri vanno in vantaggio. Poi è il momento di Riva. Calcio d’angolo dalla destra di Nenè grappolo di avversari in area di rigore la palla spiove e ricade a due passi mucchio selvaggio. Si palesa Gigi Riva, solleva la sfera ineffabile con il ginocchio e di testa disegna una parabola a spiovere sopra Anzolin, l’estremo difensore di casa. Sublime controllo totale palla-corpo. Ci sarà ancora tempo per il vantaggio della Madama ed il pareggio cagliaritano sempre con Riva. La gioia il 12 aprile 1970 allo stadio di casa, dedicato ad Amsicora (il Vercingetorige locale, sempre Brera) contro il Bari liquidato 2-0. Cinquant’anni eterni, il tempo di una sigaretta, il fumo che si allontana. Il pallone non rimbalza più, ma Cagliari è stato epicentro del sogno di un’isola errante. Perché, checche ne dica il fratello figlio unico di Rino Gaetano, le mirabilie sul rettangolo verde esistono.

Lorenzo Cafarchio

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13 comments

rino 15 Aprile 2020 - 11:28

Ricordo ancora quando Montanelli glissò sulla morte di Kennedy dicendo che infondo che cosa ci interessa di sapere come è morto?
Uno che parla così, forse ha sbagliato mestiere: forse doveva fare il monaco, tutto proteso verso l’altro mondo, anziché il giornalista il cui compito è cercare gli avvenimenti quaggiù!

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Fabio Crociato 15 Aprile 2020 - 7:53

Estrapola, estrapola e impara a scrivere, cominciando dalla coniugazione dei verbi! Pirluscia, Indro Montanelli era tutto meno che un monaco, era tra l’ altro rispettoso della figura di C.Codreanu, Guardia di Ferro. Comunque il monaco è un esempio, tu sei un c…o.

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rino 16 Aprile 2020 - 2:46

Se ti fossi limitato solo alla critica, ti avrei pure degnato di una risposta ma ponendoti in maniera offensiva nei miei confronti, dimostri di non meritarla affatto. Continua a dare patenti di legittimità ad altri, coglione!

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rino 15 Aprile 2020 - 11:34

Se tanto mi da tanto, allora Oriana Fallaci è la migliore giornalista donna italiana: la sostenitrice indefessa dello scontro di civiltà tra cristiani e musulmani a favore dei terzi incomodi, loro compagni di merende..

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Evar 15 Aprile 2020 - 2:59

“Il più pulito nel calcio è il pallone. Quando non piove.” (Scopigno)
Grande Manlio, un profeta.

Bello quel calcio in b/n quando non c’erano donne a rompere i coglioni.

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Fabio Crociato 15 Aprile 2020 - 7:56

Che “lecche” che tirava…, se le prendevi bruciavano le manine.

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rino 16 Aprile 2020 - 2:44

Se ti fossi limitato solo alla critica, ti avrei pure degnato di una risposta ma ponendoti in maniera offensiva nei mie confronti, dimostri di non meritarla affatto. Continua a dare patenti di legittimità ad altri, coglione!

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Micu G. 19 Aprile 2020 - 10:19

Ma è mai possibile che un articolo così evocativo,così emozionante per i tempi,per la squadra e per il campione che ricorda,non abbia il merito di commenti pacati,stimolanti e interessati ? Non so chi sia Rino,nè Fabio Crociato, ma la modalità dei loro interventi si scontra con il lavoro che lo staff de IL PRIMATO NAZIONALE,diretto dal dottore Scianca si sforza di offrire ai suoi lettori.Sul contenuto dell’articolo,ricordo come tutta l’Italia salutò e apprezzò il Cagliari campione d’Italia.Avevo quasi diciotto anni,amavo la Vecchia Signora,Torino era la città che ci attirava,tanti compaesani vi ci lavoravano,la bella isola non la conoscevamo per niente,ma Gigi Riva e gli altri dieci erano ammirevoli.Ricordo che negli anni precedenti lo scudetto, nel Cagliari giocava un difensore che si chiamava Miguel Angelo LONGO,era nato in Argentina da padre calabrese (di Cinquefrondi) lì emigrato;è scomparso nel 2001.Era anche questo il motivo per cui il Cagliari mi piaceva tanto,quando vinse lo scudetto al paese fummo stracontenti.Vedere oggi “Rombo di tuono” tremante per la malattia con cui convive,ingigantisce l’amore di tutta la Nazione per lui. Forza e coraggio Gigi Riva,sei tutt’oggi “rombo di tuono”.

Micu G. dalla terra di ‘nduja

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Anton 20 Aprile 2020 - 8:58

Condivido il commento di Micu G. in tutto e per tutto.

Ritornando in tema, ricordo un’intervista ad Angelo Domenghini, letta su un numero della rivista “Guerin Sportivo” del, mi pare, 2009, nella quale l’ex-ala destra del Cagliari (otto goal messi a segno durante la stagione 1969/70) dichiarava che quella squadra avrebbe potuto vincere ben tre scudetti – e non uno soltanto – se non fosse stata frenata un po’ dagli arbitri, un po’ dal grave infortunio occorso a Riva e anche dal trasferimento dallo stadio Amsicora allo stadio S.Elia, considerato troppo grande e dispersivo (all’epoca conteneva fino a circa 60.000 spettatori contro i circa 30.000 scarsi dell’Amsicora; la capienza, poi, venne ridotta per i mondiali di calcio di “Italia ’90” e portata ai 41.000). Secondo Domenghini, infatti, il cosiddetto “fattore-campo” fu determinante per lo straordinario rendimento della squadra.
Riguardo lo (storico) stadio Amsicora di Cagliari: durante il “ventennio”, venne rinominato Campo DVX e posto sotto la gestione del PNF. Una manifestazione sportiva organizzata nel 1942, vide la presenza, tra gli spettatori, dello stesso Duce in persona.

http://senato.archivioluce.it/senato-luce/scheda/foto/IL3000006649/12/Mussolini-assiste-al-saggio-della-GIL-dal-palco-del-Campo-Dux-di-Cagliari.html?start=60

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rino 24 Aprile 2020 - 10:48

Effettivamente abbiamo dato vita ad una polemica che non onora chi ci ospita. Chiedo scusa alla redazione, avendo io la colpa di aver preso uno spunto collaterale per criticare un’affermazione secondaria (la caratura di Montanelli giornalista) ai fini dell’articolo.
Di Riva non so dire nulla essendo nato ben dopo quella stagione di successi del Cagliari. Ma comunque fa sempre piacere vedere piccole realtà calcistiche affermarsi nel panorama abbastanza ripetitivo del calcio italiano. Io ho vissuto l’affermazione della Sampdoria di Vialli e Mancini e mi è stata sufficiente per affezionarmici per tutta la vita.

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Fabio Crociato 24 Aprile 2020 - 2:51

Prendo atto e anche per quanto mi concerne finisce qui. Sappi che nei terribili anni ’70 per i giornalisti non allineati c’ era la fame e il ludibrio. Tanto per farti un nome, Piero Buscaroli con pseudonimo (!) trovò spazio solo su il Giornale di Indro M., così altri. Una lettera di camerati in carcere (speciale) fu da lui pubblicata. Non ho mai avuto il piacere di conoscerlo personalmente ma mio padre sì. L’ ho sempre considerato, non certo da solo, la miglior penna del giornalismo italiano per decenni, non lo consideravo propriamente dei nostri (perché troppo “illuminista”), ma l’ uomo valeva tanto, eccome! Avessimo tutti insieme la metà del suo stile, della sua cultura, della sua rettitudine e volontà…

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rino 25 Aprile 2020 - 1:13

Credo ci sia stato un malinteso tra di noi. Io non ho voluto infangare la figura umana di Montanelli, ma ricordo che quando conduceva una trasmissione per mediaset espresse proprio le parole da me riportate (“in fondo cosa ci può interessare della morte di Kennedy”), che può star bene in bocca ad uno preoccupato da problemi metastorici (e qui mi è venuto da pensare al monaco..), ma che non è in linea con le preoccupazioni e la vocazione che dovrebbe avere un giornalista (cioè uno che si occupa proprio di ciò che accade nella quotidianità della vita terrena).
Vero è che era già molto in là con gli anni, e si sa, la vecchiaia può fare brutti scherzi.

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Anton 25 Aprile 2020 - 1:47

Signori: da parte mia, congratulazioni a tutti e due.

Anche se non ci si conosce personalmente:

1) “La completa armonia deve essere il risultato non solo dell’amicizia dei legionari riuniti ma soprattutto, della loro comunanza d’ideali”;

2) “Il legionario […] deve avere il cuore puro […] non animato da proposti di lite, da risentimento […] quando il legionario avrà voglia di battersi, vada tra i nemici”.

(Corneliu Zelea Codreanu)

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