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Gino Cecchettin, un uomo sovraesposto solo per lanciare l’ennesimo diktat progressista

by Alberto Celletti
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Gino Cecchettin

Roma, 4 mar – L’assassinio efferato che ha visto vittima la povera Giulia Cecchettin ha avuto seguiti forse ancora peggiori. Quasi a ricordarci che la morte per mano altrui sia senza dubbio una tragedia che però non coinvolge necessariamente lo squallore. Perché quanto accaduto dopo, onestamente, ha generato evoluzioni quanto meno grottesche.

Un funerale “da star” è una scelta…

Migliaia di persone al funerale di Giulia, oltre alla sovraesposizione mediatica non della vicenda in sé (che al di là di presunti purismi spirituali resta piuttosto irrealistica, un fatto clamoroso e tragico come la morte di Giulia non poteva non coinvolgere la stragrande maggioranza dei media), ma pure del cordoglio di una persona che non era neanche popolare per ragioni di fama, aveva fatto riflettere in molti. La famiglia è padrona di fare ciò che meglio crede, ovviamente. Dall’esterno, ci si era chiesti come fosse possibile accettare (per non ipotizzare altro non di nostra conoscenza diretta) una tale sovraesposizione successiva alla perdita di una figlia.

…e anche un libro lo è. Ma è opportuno?

La nonna della ragazza lo aveva preannunciato a poca distanza dalla violentissima morte, ora il padre, Gino Cecchettin, lo pubblica a sua firma, parlandone anche nel corso di un’invervista trasmessa ieri a Che tempo che fa condotto da Fabio Fazio. Il problema della “scelta” coinvolge la società liberale nel complesso, ed è evidente. In questo caso ci si pone un quesito ancora più dirimente di quello riguardante un funerale: è possibile pubblicare un testo sulla morte di una figlia, con tanto di pubblicità strabordante su tutti i media, come se fosse un romanzo dalla storia inventata? In realtà, non ci sarebbe niente di male ad esprimere una testimonianza, quello che lascia sbigottiti è la velocità e le campagne mediatiche al seguito. In questo caso, con lo scopo dichiarato di proseguire nella campagna di demonizzazione del maschio che la cultura ultrafemminista ha inflazionato – per usare un eufemismo – negli ultimi decenni. Una storia triste, prima ancora che brutta, che segue una tragedia di proporzioni immani per una famiglia, qualunque essa sia. Non possiamo sapere quanto Gino Cecchettin abbia partorito di sua sponte questo percorso, quindi al netto dello sgibottimento manteniamo un atteggiamento neutro. Siamo però certi che tutti coloro che lo hanno circondato hanno ben pensato di usarlo in un modo che francamente non può non lasciare esterrefatti.

Alberto Celletti

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