Monza, 22 mar – Se ne parlò già lo scorso anno e le voci si sono rincorse fino ad oggi quando, dopo mesi di battaglie per evitare che la Formula 1 voltasse le spalle allo storico autodromo, è arrivato, pesante come un macigno, l’annuncio del presidente dell’Aci Angelo Sticchi Damiani, il quale ha riferito che “non ci sono più margini per trattare”, quindi addio Gran Premio di Monza.
Secondo il presidente Aci hanno prevalso i personalismi, nonostante fossero stati raccolti i fondi necessari per mantenere vivo il sogno di proseguire l’indissolubile rapporto tra la Formula 1 e Monza; pare che a monte dei problemi vi sia l’avversione di Bernie Ecclestone nei confronti dei vertici Sias (Società Incremento Automobilismo e Sport), il gruppo che gestisce l’autodromo, situazione poi aggravata dall’ipotesi ventilata da Dell’Orto (presidente Sias) di apportare modifiche per riportare Superbike e, forse, Moto Gp, a correre tra le splendide curve del circuito brianzolo, soluzione osteggiata in modo deciso da Ecclestone, sempre intenzionato a scindere in modo chiaro i “due mondi”.
L’autodromo di Monza è uno dei tracciati permanenti più antichi al mondo ed è considerato a ragione come uno dei più tecnici, veloci ed impegnativi per piloti e vetture, sia nella configurazione “antica” (a forma di otto con un velocissimo anello) che nel layout moderno (più volte rivisto), grazie lunghi rettifili, staccate al limite, curve dal raggio variabile e ostiche chicane, fino alla parabolica finale. Il Gran Premio di Monza e Gran Premio d’Italia inoltre è un classico dell’automobilismo fin dagli anni venti e dal 1950 è una prova del mondiale di Formula 1: le storie legate a questo tracciato sono davvero infinite, basti pensare alle vittorie di Ascari, al mondiale “regalato” da Collins a Fangio, poi la prima vittoria di Regazzoni, l’arrivo al fotofinish del 1971, la celebrazione del mondiale Ferrari del 1979, la doppietta “rossa” del 1988 poche settimane dopo la scomparsa del “Drake”, le gare coraggiose di Alesi, i successi di Schumacher, fino alla vittoria di Fernando Alonso nel 2010, nel vano tentativo di contenere le più competitive Red Bull. Purtroppo non sono mancate le tragedie, come la scomparsa di piloti quali Ascari (in un test privato), Von Trips, Rindt o Ronnie Peterson, e proprio in occasione dell’incidente di quest’ultimo nacquero polemiche che nel 1980 fecero spostare il Gp d’Italia a Imola (poi divenuta sede del gran premio di San Marino), nell’unica edizione non disputata a Monza. Imola per l’appunto, insieme al Mugello, è considerata una possibile alternativa, in queste ore in cui le voci si rincorrono insieme alle smentite, senza che vi sia una seria discussione in merito, considerando inoltre che si parla di circuiti dallo straordinario valore ma non all’altezza sul piano della storia e delle emozioni, fattori ormai sconosciuti nella neo-Formula1 patinata che si sposta sempre più verso circuiti dell’est tanto affascinanti per le inquadrature della pay-tv, quanto piatti e insulsi sul lato della guida e dello sport.
Probabilmente è necessario correggere il tiro: non si parla più di sport, il mondo cambia e con esso l’attitudine delle persone, la Formula 1 non è più lo sport dove ogni Casa colorava orgogliosamente le vetture con i colori della propria Nazione, non è più lo sport dei romantici cavalieri del rischio che al giovedì salutavano la famiglia sapendo che forse non sarebbero tornati a casa, spinti a rischiare l’estremo sacrificio in nome di una passione, non è nemmeno lo sport dello scontro tra le grandi case automobilistiche impegnate al limite nello sviluppo prima dei motori sovralimentati negli anni ottanta e poi a confronto con elettronica e tecnologia negli anni novanta e duemila.
Forse oggi è più corretto parlare di marchio registrato e di show business, dove i sorpassi avvengono premendo pulsanti e le regole vengono modellate costantemente non per premiare il merito ma per mescolare le carte, in linea con il pensiero uniformante che reputa noioso e antipatico chi eccelle, si distingue e, onestamente, fa la differenza. Il Gran Premio di Monza scompare dalla Formula 1 dunque, ma veramente questa Formula 1 si meritava una pista come Monza? Probabilmente no, tuttavia è innegabile che l’indotto del GP abbia ripercussioni sull’esistenza stessa del tracciato, che ospita numerose manifestazioni ogni anno, quindi si spera che la storia continui e che, per una volta, la passione vinca sugli interessi di parte.
Bruno Galazzi