Carpi, 22 mar – Espiazione delle colpe. Il gennaio del Carpi è stato una via crucis per redimersi dal calciomercato effettuato durante l’estate. Fabrizio Castori, dopo l’avvicendamento con Giuseppe Sannino, ha sconfessato il lavoro estivo del d.s. emiliano Sean Sogliano – oggi al Genoa – epurando la rosa dei nomi che sarebbero serviti a salvare i biancorossi durante la loro prima annata nel massimo campionato italiano. Via Lazzari, Borriello, Benussi, Wilczek e Spolli e dentro Porcari, Verdi, De Guzman, Colombi, Gnahorè, Sabelli, Mancosu, Daprelà, Crimi e Suagher. La rivoluzione di gennaio.
Da domenica, per la prima volta in stagione, i falconi sarebbero salvi, 28 punti a pari con lo sciagurato Palermo di Zamparini, ma in vantaggio sui rosanero per via di una migliore differenza reti (gli scontri diretti sono entrambi culminati con un pareggio). Al Bentegodi in un pomeriggio che strizza l’occhio alla primavera gli uomini di Castori hanno liquidato per 2-1 l’Hellas – le sei vittorie stagionali sono tutte frutto dello stesso risultato – guidati dal piede frizzante del palermitano Antonio Di Gaudio e dal gioiello su punizione, alla Del Piero, del mantovano Kevin Lasagna. Una formazione abituata a lottare, su ogni pallone, con tante sbavature ed incrinature nel telaio figlie dell’inesperienza della rosa. Si, perché dei 14 giocatori scesi in campo a Verona, compresi i sostituti, solo tre non vestivano lo scorso anno la casacca del Chèrp – Carpi in dialetto emiliano – Vid Belec, l’estremo difensore, ed i due centrocampisti Isaac Cofie e Marco Crimi.
In una serie A sempre più povera, in termini di valore assoluto, avere un generale di ferro che siede in panchina aiuta. Non siamo ai livelli di Valeri Lobanovsky, ma Castori da San Severino Marche con i suoi 61 anni sulla schiena ha la giusta scafatura e rabbia per lottare anche nell’Olimpo del calcio tricolore. Il tecnico ha attraversato ogni categoria, ogni situazione compreso il far west scoppiato a margine della finale di playoff, per ottenere la promozione in B, contro il Lumezzane quando allenava il Cesena che gli costò due anni di squalifica. Il maceratese non disegna bel calcio, non ha una rosa con il pedigree giusto, chiede sacrificio e di ottenere la salvezza scavando, se necessario, la trincea a mani nude.
Alla fine del torneo mancano otto gare – settimana prossima il campionato si fermerà in concomitanza con la Pasqua – ed il calendario recita: Sassuolo, Chievo, Genoa, Milan, Empoli, Juventus, Lazio ed Udinese. Un percorso tra chi non ha più nulla da chiedere, chi vuole lo scudetto e chi lotta spalla a spalla con i biancorossi per un posto al sole anche nella stagione 2016-17.
Lorenzo Cafarchio