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I nuovi padroni del calcio snobbano l’Europa League. I risultati delle milanesi ne sono la prova?

by Roberto Derta
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Roma, 8 mag – L’Inter non vince dal 12 marzo, gara interna con l’Atalanta.
Al cambio attuale fanno 2 punti in 7 partite, una media da retrocessione. Eppure Pioli è ancora lì al suo posto. Non si parla di rinnovo, certo. Ma neanche di esonero. E i giocatori anche loro sembrano tranquilli. Il ritiro punitivo pre Napoli si è trasformato in 2 notti alla Pinetina (perdonate, al Suning Training Center) e poi liberi tutti. E, cosa ancora più inquietante, l’Inter ha ancora buone possibilità di qualificarsi per la vecchia Coppa Uefa. Solo 3 punti separano la Beneamata dal sesto posto, quello che in caso di vittoria della Coppa Italia da parte della Juventus o di Lazio vincitrice della Coppa Italia e nelle prime cinque posizioni in serie A, garantirebbe l’accesso ai preliminari di Europa League. Questo perchè se l’Inter arranca, le sue avversarie, Milan e Fiorentina, zoppicano invece di correre.

Ora la domanda è solo una: perchè questa gara al “ciapa no” per il sesto posto? In molti dibattono sulla tourneè cinese già prenotata da Inter e Milan con tanto di derby il 24 luglio che garantirebbe introiti certi e impegni sportivi “dolci” al contrario dell’Europa League. Certamente vero ma è interessante dare una dimensione “economica” alla faccenda. Le milanesi stanno evitando questa qualificazione perchè in termini economici l’Europa League vale una frazione della Champions e i nuovi “paperoni” del pallone hanno deciso che il gioco non vale più la candela. Vogliamo dare alcuni dati? Per la stagione 2016/17 l’Uefa ha calcolato premi da distribuire ai club partecipanti alle tre competizioni (Europa League, Champions League e Supercoppa Uefa) per un totale di 1,7187 miliardi di euro. Di questo solo 399,8 milioni di euro andranno ai club che partecipano al secondo trofeo europeo, suddivisi tra 239,8 milioni per le quote fisse (premi in base all’andamento sportivo – vittorie, pareggi) e 160 milioni per il market pool ( premio in base al valore del mercato televisivo di ogni federazione – una diretta del Manchester United rende più di una diretta del Krasnodar ).

Andando a fare un conto teorico chi vincerà l’Europa League potrà ricevere nelle migliore delle ipotesi 15 milioni di euro di quota fissa. Volete fare un confronto con la Champions? Chi alzerà la coppa dalle grandi orecchie potrebbe riceverà fino a 57 milioni di euro di quota fissa. E il market pool per la Champions da dividere tra tutte le partecipanti in base al valore proporzionale del mercato televisivo di riferimento è di 507 milioni. Facciamo un esempio pratico: il Napoli per la sua partecipazioni ai gironi di Champions League di quest’anno riceverà 12,7 milioni di euro. Un milione e mezzo per ogni vittoria ( 3 ). Mezzo milione per ogni pareggio ( 2 ). La qualificazione agli ottavi è valutata 6 milioni di €. Il Napoli quindi incasserà 24 milioni di € (a cui andrà aggiunto il market pool). Nove milioni di € più della squadra che vincerà l’Europa League con molte partite in meno. Possiamo andare più nello specifico con i campionati già trascorsi. Senza contare il market pool il Liverpool vincitore dell’Europa League 2015/2016 ha incassato a malapena 11 milioni di euro. Il Real Madrid, vincitore della Champions League nello stesso anno, ha incassato quote fisse per 54 milioni di euro.

Un divario che non è sempre stato così ampio. Solo l’anno prima il Siviglia alza al cielo l’Europa League e meno di 10 milioni. Il Barcellona oltre alla Coppa dalle grandi orecchie incassa 31 milioni (stiamo sempre parlando di quote fisse). L’anno prima ancora sempre il Siviglia incassava 9 milioni per l’Eurpoa League e il Real Madrid 27. Nella corsa all’allargamento del massimo trofeo continentale al maggior numero di squadre possibile con il maggiore share televisivo possibile, la Uefa s’è ritrovata a dover gestire anche uno scomodo fratello “minore” che ora i nuovi padroni del calcio (magnati del petrolio, re degli elettrodomestici o finanzieri misteriosi che siano) hanno valutato come poco o per nulla attrattivo, preferendo i ritiri pre-stagione con ricche amichevoli. Il rischio reale quindi non è solo quello di vedere questo “ciapa no” all’ennesima potenza anche nei prossimi anni, ma ancora peggio ritrovarsi con un trofeo continentale a invito come già succede nel basket. Un unico trofeo a invito dove le mega-squadre si qualificano di diritto esautorando la Uefa dal suo ruolo.

Un’ipotesi che a Nyon, nel quartier generale Uefa, sanno benissimo essere molto più che fantacalcio e dal 2018 i posti per la Champions League vengono assegnati non più in base ai risultati delle varie federazioni negli ultimi 5 anni ma in base all’importanza “storica” delle federazioni. Un “trucchetto” per garantire alle big l’accesso a qualsiasi costo. Potrebbe però non essere sufficiente. I petroldollari stanno per passare all’incasso e la Uefa si sta facendo trovare con le braghe abbassate dopo aver chiuso gli occhi per troppi anni su compravendita e sponsorizzazioni ambigue targate Medio Oriente.

Stefano Casagrande

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