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Il “dilemma” del matrimonio: intervista a Daniele Trabucco

by La Redazione
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Roma, 3 dic – Matrimonio o unione civile? Questo è il dilemma. Domanda che sorge più che spontanea visto che, sia col cantante Valerio Scanu, “sposato” con Luigi Calcara dallo scorso settembre, sia col conduttore televisivo Cecchi Paone, che a breve “sposerà” Simone Antolini, non si è mai fatta menzione delle unioni civili, nonostante la legge del 20 maggio 2016 n. 76, che ha introdotto nel nostro ordinamento l’istituto dell’unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale ai sensi degli articoli 2 e 3 della Costituzione.

Intervista a Daniele Trabucco

“Dilemma” che cercheremo di sciogliere con Daniele Trabucco, professore universitario strutturato di Diritto Costituzionale e Diritto Pubblico Comparato nonché dottore di ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico.

“Matrimonio ed unione civile sono realtà molto diverse tra di loro. Il matrimonio è profondamente radicato, prima che nel Codice Civile del 1942 attualmente vigente, nel diritto naturale classico. Esso è la realizzazione a vivere in modo pieno ed esclusivo un rapporto aperto alla trasmissione della vita. «Nuptiae sunt coniunctio maris et feminae, consortium omnis vitae, divini et humani juris comunicatio» (traduzione dalla lingua latina: «Il matrimonio è l’unione di un uomo e di una donna, un consorzio per tutta la vita, una comunione fra il diritto divino e quello umano»). Questa definizione del matrimonio non si trova nel Catechismo della Chiesa Cattolica del 1992, né nel Codice di diritto canonico del 1983; il suo autore, il giurista romano Modestino del III secolo d.C., non era iscritto ai Giuristi cattolici, e non era neanche cristiano. Era uno dei cinque giuristi le cui opere costituivano fonti utilizzabili nei giudizi: il Digesto contiene circa 350 passi attribuiti a lui. Pennella i tratti essenziali delle nozze e della famiglia: l’unione fra un uomo e una donna, la prospettiva dell’intera esistenza, e il richiamo al «divino», oltre che all’ «umano», non quale surrogato religioso, bensì per sottolineare che la faccenda è importante e trascende l’ordinaria quotidianità. Viceversa, l’unione civile è un istituto giuridico di diritto positivo, normato in Italia dalla legge ordinaria dello Stato n. 76/2016 (c.d. legge Cirinnà). Il testo normativo evita il termine «famiglia» per indicare una formazione sociale tra persone dello stesso sesso o di sesso diverso da cui scaturiscono diritti e doveri analoghi a quelli del matrimonio (non si parla, però, del dovere di fedeltà). Si tratta della legalizzazione del tutto formalistica nascente per gemmazione da quella che l’amico e collega prof. Rudi Di Marco, nella sua autorevole monografia «L’intelligenza del diritto. Sulla «oggettività» come problema giuridico…oltre il positivismo» edito nel 2019 per i tipi delle Edizioni Scientifiche Italiane, definisce «eguaglianza volitiva», ossia quella tipica illuministica servente a realizzare qualunque progettualità presente nella società anche se questa contraddice l’ordine naturale. Interessante notare come coloro i quali criticano la c.d. «famiglia tradizionale», che poi è la sola famiglia esistente, si richiamino in via analogica a quel modello per definire l’istituto dell’unione civile”;

Per quanto concerne invece i figli delle coppie omogenitoriali, qual è la sua posizione a riguardo?

“Sono profondamente contrario che le coppie dello stesso sesso adottino figli, aspetto vietato peraltro dalla legge n. 76/2016 se non per casi specifici grazie all’interpretazione ideologica della legge sulle adozioni da parte dei Tribunali che, nel corso degli ultimi anni (tra tutte ricordiamo la sentenza della Cassazione del 2018), hanno stravolto il significato dell’istituto della stepchild adoption presente nell’art. 44, comma 1, lett. d), della legge n. 184/1983), o ricorrano, all’estero, all’istituto della maternità surrogata che in Italia, invece, è reato ai sensi della legge ordinaria dello Stato n. 40/2004 e successive modificazioni. A questo si aggiunga che la stessa Corte costituzionale, con la sentenza n. 221/2019 ed alla luce della legge n.40/2004, ha precisato che la fecondazione medicalmente assistita, nell’ordinamento italiano, sia esclusa per le coppie dello stesso sesso. Nel punto 12 del considerato in diritto della pronuncia di cui sopra, il giudice costituzionale è chiaro: «l’ammissione alla PMA delle coppie omosessuali, conseguente al loro accoglimento, esigerebbe, infatti, la diretta sconfessione, sul piano della tenuta costituzionale, di entrambe le idee guida sottese al sistema delineato dal legislatore del 2004, con potenziali effetti di ricaduta sull’intera platea delle ulteriori posizioni soggettive attualmente escluse dalle pratiche riproduttive (oltre che con interrogativi particolarmente delicati quanto alla sorte delle coppie omosessuali maschili, la cui omologazione alle femminili – in punto di diritto alla genitorialità – richiederebbe, come già accennato, che venga meno, almeno a certe condizioni, il divieto di maternità surrogata)». È vero che molte coppie dello stesso sesso ricorrono alla maternità surrogata o alla fecondazione medicalmente assistita negli ordinamenti in cui è consentita e che, come ha indicato ancora una volta il giudice della legittimità costituzionale, è possibile l’adozione da parte del partner dello stesso sesso del genitore biologico (cfr. sentenza n. 33/2021 Corte cost. la quale, tuttavia, lancia un monito al legislatore statale di normare sistematicamente la materia, lasciando presagire un intervento più diretto nel prossimo futuro in caso di inerzia) o di entrambi (in caso di maternità surrogata) con divieto di trascrizione automatica dell’atto di nascita estero (così Corte Cass. sentenza 30 dicembre 2022, n. 38162), ma ci troviamo davanti ad una forzatura giuridica. È dalla differenza che nasce la ricerca, lo stimolo. Il luogo di apertura e di formazione alla vita è solo quello della famiglia formata da uomo e donna. Non si può imbrigliare e dominare l’ordine dell’essere, della natura (da intendersi non come naturalismo), con lo strapotere della scienza e della tecnica che pongono in essere una vera e propria volontà di potenza per soddisfare una pretesa. Diciamolo con chiarezza: mentre l’unione tra donna e uomo può essere patologicamente infeconda, quella tra persone dello stesso è naturalmente infeconda”;

A suo avviso, la comunità Lgbt si può considerare una minoranza al punto da dover dettare una normativa ad hoc per la difesa dei suoi diritti?

“Non mi interessa sapere se le lobbies gay siano una maggioranza o una minoranza. So che, al di là del rispetto per ogni persona che è sacra e del dovere di opporsi a qualunque forma di offesa tale da degradare la dignità di soggetti dello stesso sesso legati fra di loro, la verità, anche se obnubilata dalla legge o dalla giurisprudenza, non viene mai meno. Tuttavia, non si può tollerare la «gendercrazia» delle odierne civiltà occidentali su cui spinge prepotentemente l’Unione Europea. Esprimere, sul punto, un pensiero critico non significa affatto essere omofobi. Oggi, purtroppo, viviamo nell’era del «traffico insaziabile dei diritti» per cui non è più la Costituzione naturale (Aristotele, De Maistre) norma per la società, ma quest’ultima norma per la Costituzione. I «diritti» pretesi dalle coppie lgbtq+ rientrano nell’ambito della autodeterminazione del velle volutum e nascono, nella loro assurdità genetica, come una species di un «diritto volitivo circoscritto», vale a dire come una species di diritto limitato a un determinato contesto, a un determinato ambito, i cui confini vengono tracciati dalla legge positiva senza la quale quel diritto non ci sarebbe”. 

Nemes Sicari

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