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Tra teoria e prassi: un’analisi filosofica dell’equivoco della destra italiana

by La Redazione
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sovranismoRoma, 13 feb – Nell’ambito della filosofia della politica sin dai primordi non si è mai specificata una netta dicotomia tra la dimensione teoretica e la sfera più prettamente dinamica del pragmatismo, essendo i due riferimenti spesso sostanziati da un principio unico che ne reggeva la giustificazione esistenziale. Se nel mondo arcaico ed in quella che era la sua giustificazione ontologica e sapienziale, di natura chiaramente pitagorica e platonica per il nostro Occidente,  l’arché  quale influenza dall’Alto informava la concezione della politica non solo in termini di coesistenza comunitaria, ma anche e soprattutto quale viatico per una riappropriazione del cittadino della propria consapevolezza noetica, si era ben coscienti di come il bíos theóretikos e bíos prakkticós fossero realtà organicamente differenti, però non differenziate, rappresentando l’esplicitazione di un unico principio comune. Nella filosofia politica di legislatori, di sapienti e fondatori come Pitagora, Talete o presso la consuetudine giuridica romana, tutto ciò era pacificamente acquisito. Il relativismo della parola, della retorica, della non aderenza tra pensiero enunciato ed applicazione dello stesso sussisteva come una innaturalità sentita come profondamente estranea al senso d’appartenenza della comunità politica.

Quanto premesso, ci consente di evidenziare con maggiore profondità il tema specifico di codesto scritto, cioè il perpetuarsi, nell’ambito degli ambienti della destra italiana, di un profondo scollamento tra l’oratoria del pensiero e la sua concretizzazione, quale realizzazione di una coincidenza che dovrebbe risultare naturale ma non lo è, tra modus cogitandi e modus agendi. Chi di noi non ricorda il famoso episodio nel 1990, legato alla prima guerra del Golfo, in cui in parlamentari missini offrirono il loro sostegno al Governo nell’approvazione della mozione relativa all’impegno militare italiano contro Saddam Hussein nell’ambito dell’iniziativa Nato, mentre nelle piazze i giovani del Fronte della Gioventù manifestavano contro l’intervento americano?

Tale fu un esempio lampante dell’incoerenza e della scissione fra teoria e prassi politica, come l’abbiamo precedentemente sintetizzata. Notiamo, purtroppo, che tale andazzo nella destra italiano si sia abbondantemente perpetuato fino ai giorni nostri, con motivazioni che quasi sempre sfociano nell’ambito dell’opportunismo di circostanza o di natura elettoralistica. Da quando si è realizzata la tragico-comica scissione di Fiuggi, in cui gran parte di una comunità politica ha decretato l’abiura del proprio patrimonio ideale e culturale, proprio negli ambienti in cui tale rivoluzione copernicana si è attuata, si è continuato a mantenere il piede in due scarpe, tra passato e futuro, tra Tradizione e modernismo, tra Rivoluzione Conservatrice e liberalismo, tra ciò che si è rinnegato e ciò che si abbracciato nel presente. Conferenze, ricordo del caduti, manifestazioni sono spesso il luogo ideale per un equivoco che si perpetua dal 1994, in cui non si comprende lo scollamento e l’incoerenza tra la teorizzazione culturale – apparentemente rimasta quella pre – Fiuggi – e la prassi politica, ormai declinata nell’ambito del politicamente corretto centro – destra europeo.

Risulta davvero esilarante costatare come tale dicotomico comportamento, bipolare – se ci si illudesse in giustificazioni non di mera opportunità -, sia diventato ormai un costume consolidato, quasi un modus essendi, quasi una stessa sistematizzazione di una precisa, decadente a nostro avviso, filosofia della politica, in cui si mette in pratica esattamente il contrario di quello che si proclama urbi et orbi. La casistica in merito è quanto mai corposa e comprovata. Possiamo sinteticamente accennare ad alcuni politici italiani, alfieri della destra italiana, che in piazza e tramite i mass – media esprimono tutta la loro convinta reprimenda contro le storture dell’Unione Europea e del mercato del lavoro, salvo scoprire che gli stessi hanno votato in Parlamento sia tutti, ma proprio tutti i trattati internazionali, Fiscal Compact incluso, sia la Legge Fornero. Parimenti, è avvenuto nell’ambito del contrasto all’immigrazione clandestina e dell’assegnazione delle case popolari, come già accennato da questa testata alcuni giorni orsono. Noi ci aggiungiamo quanto accaduto alla commemorazione per la Giornata del Ricordo a La Spezia, in cui l’intervento di un esule istriano nell’ambito di una manifestazione municipale  – che “insensatamente” ha avuto l’ardire di esprimere un sentimento di ovvia gratitudine verso i ragazzi di CasaPound che ogni anno organizzano la deposizione di fiori in onore delle vittime delle foibe – , ha destato reazioni di protesta, non solo del Sindaco della città, come riportano le cronache, ma anche di esponenti politici spezzini di formazioni di destra che in molte altre località d’Italia si sono affaccendate nella celebrazione proprio della Giornata del Ricordo.

Il lettore, a tal punto, comprenderà che vi è un nodo politico – culturale da sciogliere e ciò non è solo connesso alla semplice ed elementare dimensione della coerenza. Non reputiamo opportuno esprimere giudizi di valore sul mutare di certe coordinate teoretiche e politiche, perché ognuno è e deve essere libero di poter cambiare opinione sul mondo e sulla vita. E’ d’uopo, però, chiarire che l’onestà intellettuale imporrebbe una chiarezza di comportamenti almeno pari alla chiarezza degli intendimenti. Noi, in merito, ci siamo disillusi da qualche decennio, in quanto il teatrino dell’opportunismo elettoralistico e delle mezze verità si perpetua costantemente, relegando una tradizione politica e culturale sempre nella marginalità e nell’oscurantismo, che non merita. Le nuove generazioni e chi indica loro sapientemente la via, a nostro parere, devono farsi carico di uno sforzo ulteriore, quello di porre un preciso ed irriducibile limes tra ciò che è costitutivo della Cittadella e ciò che ne rappresenta una parodia. E’ l’anamnesi di quella vocazione per la politica a cui accennava ai primi del ‘900 Max Weber e  molti secoli prima Aristotele.

Luca Valentini

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2 comments

bisognere 14 Febbraio 2017 - 10:27

bisognerebbe rivedere, se non abrogare, la dannatissima legge Mancino.

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Flussi 20 Febbraio 2017 - 5:48

Egregio Dott. Valentini,

ma guardi che in quell’episodio non ci fu alcun “profondo scollamento tra l’oratoria del pensiero e la sua concretizzazione” né tanto meno nessuna “incoerenza e della scissione fra teoria e prassi politica”, in quanto mica erano le medesime persone a votare ed a manifestare! Cioè i parlamentari votavano ed i ragazzi del FDG manifestavano temi opposti, dunque c’era invece una contrapposizione interna fra due anime che in quel momento erano rappresentate dalla maggioranza dei parlamentari ma in generale del Partito nel suo insieme, con tutta una serie di posizioni ben precise, e la quasi maggioranza del FDG (specialmente quello romano) orientato invece su posizioni antitetiche.

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