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Inghilterra, marca di gioielli italiana accusata di razzismo: “Offende gli indiani d’America”

by Ilaria Paoletti
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Londra, 28 mar – La marca italiana di gioielli Nove25 è stata accusata di “appropriazione culturale” – ovvero di razzismo – dai suoi follower anglosassoni a causa di una pubblicità.

I modelli vestiti da indiani americani

Il brand, che ha sede a Roma, come da prassi attuale ha molti follower sui vari profili Instagram e Facebook dunque è normale che abbia condiviso le immagini della nuova campagna pubblicitaria su internet. In questo caso la nuova collezione si chiama “Native” e la scelta del direttore artistico é stata di omaggiare la cultura, appunto, dei nativi americani – quelli che un tempo si potevano ancora chiamare “pellerossa” senza incappare in strane censure.

Le critiche sui social

Ma questa decisione si è rivelata essere un boomerang: in tempi di politicamente corretto, invero, anche un tentativo di ossequio nei confronti di un’altra cultura può diventare molto spinoso. Prima Nove25 è stata tempestata di commenti sui profili social. Qualcuno ha commentato: “Come non fate a capire quanto sia ovvio che questo sia inappropriato nel 2019? I simboli religiosi non dovrebbero essere usati per vendere la vostra spazzatura”. Qualcun’altro, addirittura, dice: “Calpestare i corpi dei nativi americani per vendere prodotti e fare soldi è malato e sbagliato!”.

La replica del marchio

La marca di gioielli si è addirittura meritata l'”onore” di comparire sulle pagine dei Daily Mail online per aver osato vestire i propri modelli con alcuni copricapi indiani. Ed è infatti proprio a questa testata che la società italiana ha deciso di rispondere. In una dichiarazione rilasciata al MailOnline, Nove25 ha spiegato il concetto dietro la campagna pubblicitaria: “si ispira a Coachella e Burning Man Festival, dove gli abiti post punk sono spesso mescolati a capi in arrivo da culture diverse”. Ma ormai muoversi tra le maglie dei censori del politicamente corretto è veramente difficile: la stessa Miuccia Prada ha lamentato la complessità di gestire la propria libertà di “creativi” con le migliaia di istanze “culturali” che quotidianamente fanno incappare qualche brand in sanzioni ridicole.

Ilaria Paoletti

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1 commento

Michele A. 29 Marzo 2019 - 12:22

Ma mandarli tutti quanti a c….e proprio no?
Ma fatemi il piacere!

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