Roma, 27 dic – Gli insegnanti scolastici sono snobbati dalla società. Non che sia una sorpresa, ma è un elemento su cui riflettere ancora di più nel momento storico presente, per una professione che, se nei cosiddetti “posti fissi” ancora conserva una certa stabilità (per lo meno economica) poco lo è in termini di remunerazione e considerazione, senza contare i drammi del precariato per quanto riguarda i supplenti, come abbiamo pubblicato a riguardo.
Insegnanti, risorsa incredibile e sottovalutata della società
Chi scrive ha avuto entrambi i genitori insegnanti di scuola superiore. Quindi conosce bene la depressione sociale che coinvolge gran parte degli appartenenti ad una categoria cui lo Stato e la società non riconoscono molto, considerato il ruolo fondamentale che essi ricoprono per la collettività e soprattutto per le future generazioni. Gli insegnanti sono snobbati dalla società, sia in termini di stipendi che di considerazione. E lo sono da sempre, non certamente dal tempo presente. In più, la categoria comincia a patire pure lo spettro del precariato, per non in coloro che sono assegnati di ruolo, ma da tanti anni in chi svolge altrettanto dignitosamente il ruolo di supplente.
Molte ferie, stipendi buoni ma sottostimati, ma un futuro che mette ansia
Gli insegnanti di ruolo, nella scuola superiore, guadagnano da un minimo di 1.600 euro al mese a un massimo che sfiora i 2mila. Nel mondo presente, si tratta di paghe buone, ma appena sopra i “rischi” della fascia di reddito minima. Con l’anzianità, ce ne si allontana in modo considerevole. I dubbi più che altro riguardano il futuro. Si ha la netta sensazione che gli insegnanti potrebbero diventare una categoria in pericolo, considerato il dramma del precariato, che da decenni coinvolge i supplenti. Lo Stato, tanto per cambiare, fa sempre più fatica a pagare le retribuzioni. Per il momento, la scure si abbatte sulle collaborazioni saltuarie. Ma è giusto guardare agli anni che verranno con legittima preoccupazione, in un Paese dove buona parte della classe media si è proletarizzata negli ultimi decenni. Per una professione che comunque, ancora oggi, è valutata troppo di meno di altre ritenute giustamente importantissime, come quelle dei medici o dei magistrati.
Stelio Fergola