Roma, 7 feb – Quante volte abbiamo sentito la frase “gli italiani non sanno combattere”? Quante volte avete ascoltato la strumentalizzazione completamente decontestualizzata di un’altra frase popolare, ovvero “italiani, popolo di santi, di poeti e di navigatori”? Il fine ultimo รจ sempre lo stesso: convincere un popolo di non saper lottare. Di non poterlo fare e, quindi, di non potersi difendere, di essere destinato a soccombere. Vediamo perchรฉ.

“Gli italiani non sanno combattere” e la smentita della storia

“Gli italiani non sanno combattere”. Giร . Ma perchรฉ? Non รจ che sia molto chiaro, almeno dando uno sguardo alle guerre che hanno coinvolto l’Italia immediatamente pre-unitaria e post-unitaria dal 1859 ai tempi odierni. Certamente, alcuni conflitti combattuti dagli eserciti italiani (includendo anche quello piemontese pre-unitario) non sono stati brillanti.

Non si cominciรฒ nel migliore dei modi, con la seconda e la terza guerra d’indipendenza vinte soprattutto grazie ai rispettivi alleati francesi e prussiani. In ogni caso, coronate da un successo, particolare che comunque non andrebbe dimenticato, pur nella giusta valutazione critica. Si continua malino con la Guerra di Abissinia, in cui l’Italia tenta l’impresa in Etiopia seguendo la politica di Francesco Crispi, rimediando perรฒ la sconfitta nell’ottobre del 1896.

Ma successivamente, l’esercito italiano ha dimostrato di cavarsela egregiamente almeno in due occasioni: la guerra italo-turca del 1911-1912, e soprattutto la prima guerra mondiale del 1915-1918. Nel primo caso uscendo vincitore dal confronto con l’Impero ottomano, nel secondo con quello austroungarico. Nel 1918, in particolare, l’Italia non solo fu vittoriosa, ma risultรฒ addirittura decisiva per lo sfaldamento di uno degli imperi piรน potenti della storia europea. Essendo partita da posizioni, solo qualche anno prima, decisamente piรน svantaggiate.

Con il secondo tentativo in Etiopia nel 1935-1936, stavolta coronato con successo, l’esercito italiano otteneva la terza, importante affermazione consecutiva. Poi, certamente, arriva la tragedia delle tragedie, la disfatta piรน clamorosa del nostro popolo, ovvero il secondo conflitto mondiale. Con tutti gli errori, gli orrori e le ingenuitร  del caso, quel disastro รจ rimasto impresso nella mente degli italiani e, dall’8 settembre 1943, si puรฒ dire li abbia addirittura traumatizzati. Una batosta da cui, di fatto, non ci siamo ancora ripresi.

Ma la storia delle guerre italiane non suffraga in alcun modo la favola depressa “gli italiani non sanno combattere”. Ed รจ sufficiente mettere in fila gli eventi per rendersene conto, senza nemmeno avviare chissร  quali analisi storiche raffinate.

La strumentalizzazione dei “poeti e navigatori”

Una delle tattiche vincenti dell’anti-italianismo consiste nell’evidenziare un particolare, un difetto, una fase negativa, ed estenderla automaticamente a tutta la storia italiana passata, presente e addirittura futura. Lo abbiamo visto con la demonizzazione dell’Italia sovrana economicamente, con la leggenda della “liretta”, nata sulla scorta di si e no 15 anni di crisi valutaria su circa 130 di esistenza. Lo abbiamo visto con le leggende dell’esercito della Grande Guerra fifone e “costretto” al conflitto, sulla base di meno di mille condanne per diserzione a fronte di una mobilitazione di oltre 5 milioni di uomini.

Anche la frase sui “poeti e i navigatori” non fa eccezione. Leggendola e stando ad osservare l’uso che se ne fa, gli italiani sarebbero un popolo di artisti e scienziati, incapaci di prendere in mano qualsiasi arma e di difendersi praticamente per natura genetica (tra l’altro, interessante come questo approccio provenga proprio da una sedicente cultura antirazzista che non crede alle proprietร  genetiche dei popoli, pena la smentita del dogma dell’uguaglianza assoluta). La frase fu pronunciata nientemeno che da quel guerrafondaio violento per eccellenza – agli occhi vigili di chi governa il pensiero dominante, sia chiaro – di Benito Mussolini, nel 2 ottobre 1935. E non certo per denigrare le virtรน della lotta del popolo italiano. Ma per difendersi dalle accuse della Societร  delle Nazioni all’Italia di aggressione all’Etiopia. “Contro questo popolo di”, affermava Mussolini, “si osa parlare di sanzioni”. Un discorso che in un passaggio affermava solennemente la promessa: “Nessuno puรฒ piegarci”. Non esattamente una dichiarazione di incapacitร  al combattimento.

O per meglio dire, pura dialettica difensiva. Non perchรฉ non corrispondente al vero, sia ben chiaro: perchรฉ che gli italiani siano anche santi, poeti e navigatori non v’รจ alcun dubbio. Come non v’รจ dubbio che abbiano sempre saputo lottare nella loro esistenza. C’รจ solo un problema, enorme, ovvero far capire agli italiani d’oggi un fatto evidente: di essere stati oggetto di un clamoroso lavaggio del cervello perdurante da quasi un secolo, e di una bieca operazione di depressione di massa. Perchรฉ รจ molto piรน facile dominare chi pensa di non meritare niente. E non sarร  affatto facile invertire la tendenza.

Stelio Fergola

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