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“La maternità non ha genere”. L’ultima follia woke nel Regno Unito

by Valerio Savioli
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maternità senza genere

Roma, 7 mag – L’ultima novità in tema agenda woke arriva dal Regno Unito, per la precisione dalla University Art of London (UAL). L’università è finita al centro delle polemiche per aver depennato la parola “donna” dalla politica di congedo di maternità, sostenendo, attraverso le linee guida accademiche, che la maternità si applica a “tutti i generi”.

Maternità senza genere, ecco l’ultimo delirio

Come riportato dal Daily Mail, che ci tiene a farci sapere che il prestigioso istituto britannico è “classificato tra le venti migliori università del paese dalla Guardian University Guide, avendo incassato 384,9 milioni di sterline nel 2021/22, di cui oltre 300.000 sterline in contanti dei contribuenti in sovvenzioni e contratti da governi del Regno Unito e d’oltremare”, ad opporsi pubblicamente rispetto alla deriva politicamente corretta della UAL sono state le forze politiche conservatrici dei Tories; Jonathan Gullies ha tirato in ballo le basi della scienza e ha sostenuto: “È inquietante che un’università non capisca le basi della biologia… spero [che] si metta fine a queste patetiche sciocchezze”, Toby Young, direttore del Free Speech Union, è stato ancora più diretto etichettando la UAL come joke, scherzo o buffonata, auspicando che questa possa cambiare rotta prima di andare in bancarotta, in virtù del fatto che “quasi tutte queste istituzioni sono finanziate con fondi pubblici, ma tutti i sondaggi indicano che il pubblico è in modo schiacciante contrario a queste sciocchezze.”

Non sorprende che, nonostante il dichiarato distacco tra il mondo reale e quello auspicato dai neo-progressisti, l’università non solo non abbia fatto alcun passo indietro ma si sia detta “fiera” della sua politica di congedo di maternità e del fatto che il linguaggio utilizzato risulti essere il più inclusivo possibile.

Anche la menopausa

Così come accaduto recentemente presso l’università di Stanford, di cui abbiamo scritto, anche in questo caso si interviene sulle parole, sul loro significato e sull’auspicato impatto che queste possono avere nella vita di tutti i giorni, ribadendo ancora una volta che il processo politicamente corretto mira a una ambiziosa e distopica ridefinizione del reale: “UAL riconosce che la menopausa può essere vissuta anche da colleghe che non si identificano come donne, quindi questo contenuto di guida e supporto ha lo scopo di supportare chiunque soffra di menopausa, indipendentemente dalla sua identità di genere.”

In aggiunta riportiamo testualmente anche la testimonianza raccolta dal Mail a un portavoce dell’UAL: “Il linguaggio utilizzato riflette accuratamente la natura inclusiva della politica che si applica a tutti i nuovi genitori alla UAL, indipendentemente dal sesso, dall’orientamento sessuale o da come le persone diventano genitori. Pertanto, ogni donna che diventa genitore ha diritto ai benefici della polizza. Allo stesso modo, qualsiasi donna che sta attraversando la menopausa è supportata anche attraverso le nostre politiche.”

Le menti da plasmare

Il Daily Mail non è nuovo a questo tipo di inchieste, recentemente aveva pubblicato articoli e approfondimenti sulla pervasività dell’agenda woke entro le principali accademie del paese: secondo Richard Norrie, ricercatore presso il think-tank Civitas, il quale ha sottoposto a un rigoroso studio più di un centinaio di accademie del Regno Unito, ha scoperto che il 62% di queste distribuisce riferimenti ai propri studenti di trigger warnings, o di materiale che potrebbe ferire i sentimenti dei giovani fiocchi di neve, mentre il 59% offrirebbe materiale di formazione sull’antirazzismo online; sarebbero invece ben settantanove gli istituti che fanno menzione del white privilege, il cosiddetto privilegio bianco, ossia quello che è diventato, ad oggi, il peccato originale di un’intera etnia, in barba al tanto urlato razzismo. La semina del campo prosegue imperterrita, la coltivazione di un nuovo tipo di uomo politicamente modificato, una variante in monopattino dell’OGM, è alle porte.

Valerio Savioli

 

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