Roma, 31 ott – Due milioni di soldi pubblici per la gestioni dei migranti sottratti dai conti della Cooperativa Karibù e dirottati per alimentare le spese pazze della famiglia Soumahoro, tra acquisti di lusso, viaggi, e investimenti in Ruanda.
Le spese pazze della famiglia Soumahoro
Secondo l’inchiesta della Procura di Latina, Liliane Murekatete e Marie Therese Mukamitsindo, rispettivamente moglie e suocera del parlamentare ex Verdi-Sinistra Italiana (ora al gruppo misto) Aboubakar Soumahoro, si sarebbero appropriate tra il 2017 e il 2022 di 1.950.167 euro di fondi pubblici che dovevano servire per una serie di progetti destinati alla gestione di migranti e di minori non accompagnati, ma che invece erano usati in ben altro modo. Le due donne sono ora agli arresti domiciliari e sono accusate di frode nelle forniture pubbliche, bancarotta fraudolenta patrimoniale e autoriciclaggio. Oltre alla Karibù, sono finite sotto indagine anche il Consorzio Aid e la Jambo, definiti dagli atti come due “schermi fittizi per l’esecuzione di un illecito meccanismo fraudolento a gestione familiare”. Indagati anche il fratellastro di “Lady Soumahoro”, Michel Rukundo, e Richard Mutungana, entrambi del Ruanda. Il denaro pubblico era stanziato dalla Prefettura di Latina e da altri enti statali allo scopo di attuare i progetti Cas (Centro accoglienza straordinaria), Sprar (Sistema di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati), Servizio di accoglienza minori e Rete anti-tratta.
Sì al “diritto all’eleganza”, ma con i soldi degli altri
Una montagna di denaro pubblico che, come si legge nelle informative della polizia giudiziaria, sarebbe stata fatta sparire attraverso un “collaudato sistema fraudolento fondato sull’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente e oggettivamente inesistenti e altri costi inesistenti”, non solo per evadere il fisco ma anche per “giustificare, in sede di rendicontazione, la richiesta di finanziamenti alla Direzione centrale del sistema di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati”. Tra le spese della moglie e della suocera di Soumahoro anche acquisti in negozi di lusso come Salvatore Ferragamo di Roma, soggiorni all’Hotel Hilton Airport di Fiumicino, e la costruzione di un ristorante in Ruanda chiamato “Gusto italiano”. Insomma, sì al “diritto all’eleganza”, ma con i soldi degli altri. Una distrazione di soldi pubblici che aveva peraltro causato gravissime carenze nei centri di accoglienza gestiti dalla Karibù.
Michele Iozzino