Roma, 27 ott – I videogiocatori sarebbero tendenzialmente “razzisti e sessisti”, secondo uno “studio” (parola che ormai fa quasi ridere per come viene spesso declinata, e non solo in questo caso) pubblicato da Multiplayer.it. Chi scrive conosce molto bene quegli ambienti e li ha vissuti per decenni: ferma restando la stessa contraddizione, sia dello “studio” che dell’articolo stesso, che sarà la prima cosa ad essere sbeffeggiata in questa riflessione.
“Videogiocatori razzisti”: ma si parla di una “minoranza”
La prima cosa che si evince dal pezzo è che sia una contraddizione vivente, visto che il titolo – tradizione piuttosto diffusa nel giornalismo online – non c’entra niente con il corpo dell’articolo. Mentre il titolo, che è “Le persone che si identificano come “gamer” sono più prone al razzismo e ai comportamenti sessisti”, lascia intendere che i videogiocatori in generale (o gamer, per usare il solito anglicismo tanto in voga in quegli ambienti di cui anche chi sta scrivendo questa riflessione è stata vittima, prima di disintossicarsi) siano tendenziali razzisti e sessisti, il testo dice tutt’altro. Lì si parla di “Le persone che si identificano con forza come “gamer“. Che vuol dire, sostanzialmente, più “estreme” nello stile di vita presumibilmente antisociale dettato da un uso troppo smodato del mezzo e della passione. E questo ci porta alla seconda questione, perché “naturalmente non si parla della maggioranza dei videogiocatori”. E allora di cosa si parla, di grazia? Quale sarebbe l’utilità di andare a cercare una minoranza ristretta, ma soprattutto di comunicare i presunti dati in quel modo? Zero.
Come ho vissuto gli ambienti dei “gamer” in prima persona
L’unico risultato della pubblicazione di uno “studio” del genere è quello di trasmettere l’immagine del mondo dei videogiocatori in modo definito, nonostante l’articolo stesso riconosca che l’aspetto sottolineato si riscontrebbe in una minoranza. Il ritratto generale che viene comunicato è perciò ingannevole, senza contare che, per quanto mi riguarda, esso sia l’opposto della realtà. Il mondo dei giocatori elettronici è strapieno di pensiero unico, per la stragrande maggioranza di coloro che lo vivono. Rappresentato da un coro unico praticamente unanime su tutto (con piccole variazioni ma insomma, siamo lì), dal globalismo, all’immigrazionismo, all’ultraliberismo, lo stupidissimo antifascismo e sedicente anticapitalismo poi testimoniato da stili di vita opposti, e ovviamente ipocriti. Una grande, gigantesca, supercazzola. In vent’anni di raduni di appassionati, di incontri, di fiere, di sfide dal vivo, di chiacchiere in un locale oppure online, anche riguardanti la politica, avrò conosciuto e incontrato un centinaio di videogiocatori come me. Ne ho ben chiari in mente soltanto tre con idee davvero discontinue rispetto a questi temi, potrei elencarne nomi e cognomi anche in questa sede. Per il resto, tanta omologazione, tanta difficoltà a discutere dei temi caldi in modo libero: mi viene in mente il caso di una persona la quale, ad esempio, odiava il fumo, e festeggiò l’arrivo della legge che lo priobiva nei locali pubblici ma era arrivato a guardare quasi con favore la proposta di legalizzazione della cannabis. Oppure i soliti cattolici piegati su tutto (il che non è una grossa novità), ma in compenso super-amici di progressisti che odiavano la loro fede, magari dandogli le pacche sulle spalle per farli sentire più integrati. “Gli autori dello studio sono coscienti che andrà approfondito con ulteriori ricerche”. Il che suona molto di: “Vabbè, ora l’abbiamo sparata tanto per parlarne, poi pensiamo a insistere ancora”.
Stelio Fergola
1 commento
L’autore dell’articolo su Multiplayer.it è Simone Tagliaferri, un beota intriso ideologicamente dal pensiero unico. Sempre, questo scribacchino da quattro soldi, pubblica articoli, o veline, che sembrano usciti da qualche sede del PD. La redazione del sito si trova a Terni, città un tempo esclusivo appannaggio della sinistra. Ora, questi orfanelli nostalgici dei bei tempi andati, continuano a perseguire la linea politica del partito a cui debbono la loro esistenza. L’articolo l’ho letto anch’io e, come da lei sottolineato, ha il solito titolo ” clickbait ” con un contenuto che diverge dalle premesse. Inutile anche dar loro rilevanza, sono patetici anche come recensori di videogiochi, tra i più asserviti all’industria videoludica.