Milano, 9 apr – Basta lasciarli fare. E loro si avvitano, vanno in cortocircuito, si scannano a vicenda. Quando si parla del dominante fanatismo “di genere”, di femminismo, di variopinte “lotte per i diritti” il delirio è assicurato. E allora viene da sorridere osservando quanto sia impressionante la dissociazione di questo sopravvalutato e deformato mondo dalla realtà della gente vera e persino dalle più elementari coordinate del buonsenso.
L’ultima divertente, o sconfortante, prova di tale groviglio psico-culturale-politico è andata in scena, tanto per cambiare, a Milano, in Piazza Duomo, complici il celebratissimo Salone del Mobile e il micidiale Fuorisalone che lo accompagna. Un noto scultore e designer, l’ottantenne Gaetano Pesce, ha prodotto un’installazione, ispirata a una poltrona da lui stesso creata cinquant’anni fa e raffigurante un corpo femminile infilzato da centinaia di frecce. Il messaggio era quello di denunciare, con intento scioccante, la violenza sulle donne. Tutto bene, dunque? Bravo e politicamente corretto, tutti e tutte d’accordo? Macché. Mica uno se la può cavare così. E allora ecco che sono piombate in Piazza Duomo le guerrigliere di Non una di meno per far presente col solito garbo che no, proprio non ci siamo. Così un’altra “artista”, Cristina Donati Meyer, ha pensato bene di imbrattare l’opera spruzzando vernice rossa in mezzo alle gambe della “donna-poltrona”, a quanto pare, per rendere più vera (rimandando al sangue mestruale) una figura che non può essere ridotta ad oggetto d’arredo. Per spiegare meglio le ragioni della contestazione ha affisso sull’installazione cartelli come “La donna è (un) mobile”. Le femministe affermano che l’iniziativa, oltre a offendere ulteriormente la donna riducendola a oggetto, non fa emergere a sufficienza le responsabilità di quel mostro e carnefice che è l’uomo. Non è bastato, dunque, che alla poltrona il povero Pesce abbia aggiunto una sfera poggiapiedi, che diventa una “palla al piede” legata con una catena, a simboleggiare, manco a dirlo, la sottomissione imposta naturalmente dal brutale maschio. E a poco è servito pure il più che didascalico messaggio rappresentato dalle sei teste di belve feroci a definire, inequivocabilmente, la crudeltà virile.
Il parere di Sgarbi
In tutto questo marasma ha provato a dare una chiave di lettura il comunque mai banale Vittorio Sgarbi, che aveva auspicato lo scandalo, il clamore e persino la vandalizzazione dell’opera “perché altrimenti se ne parla troppo poco e diventa l’opera di un architetto di regime, mentre Gaetano Pesce è l’anti-Boeri”. Beh, la non desiderata definizione di “architetto di regime” ha una sua efficacia nel definire chi, in tutto e per tutto, aderisce all’ossessiva cultura dominante. Quanto all’“anti-Boeri”, dovremmo ricordare chi è l’architetto Stefano Boeri, cosa che magari faremo.
Comunicati sibillini
In questa circostanza ci basta aver descritto un altro spaccato di ordinario delirio, che, per quanto è banale e monocorde, non ha nemmeno i lampi di genialità che il delirio può regalare. Ma ben poco ci si può aspettare da chi scrive cose come: “…ci auguriamo che il dibattito generato riconosca la strutturalità e sistemacità del problema della violenza di genere, e ci auguriamo altresì che artiste femministe e LGBTQIA+ non siano più invisibilizzate soprattutto quando il tema le riguarda in prima persona”. “Codice fiscale” a parte, ma come cavolo parlate? Ci si perdoni il “cavolo”, che, pur opportunamente alternativo ad altro termine criminale in sé, è colpevolmente maschile.
Fabio Pasini
4 comments
Forse l’unica cosa che queste femministe approverebbero è che tutti gli uomini gli leccassero i piedi.Ma credono di avere piu’ diritti solo per la presenza di una vagina?E poi danno del nazista ad altri quando loro si credono di un genere superiore che puo’ aggredire a piacimento l’altro sesso?
Siamo ancora in attesa di una loro condanna alle donne che per povertà vengono sfruttate come corpo per fare figli da dare subito a vecchi sodomiti , senza che la madre possa affezionarsi o il bambino trovare serenità nei primi mesi come invece è permesso alle femmine di cane che partoriscono
L’immigrazione porrà fine al femminismo.
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Ma che è ‘sto schifo? Io come donna non mi identifico affatto in quella porcheria. Ho la nausea