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“Moda sovranista”: così La Stampa parla di Pivert. Ma “dimentica” il nome

by Ilaria Paoletti
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Firenze, 14 gen – “Pitti Uomo”, la manifestazione che ruota attorno alle varie declinazioni della moda maschile, si è appena conclusa e, come ogni anno, ha raccolto attorno a sé anche dandy, eccentrici e semplici mitomani. La “fobia” del sovranismo non ha però risparmiato la kermesse fiorentina. In un articolo per Tempi moderni, inserto “fashionista” de La Stampa, viene analizzata e discussa la cosiddetta moda in “tempi di sovranismo”. Tanto per cominciare, sebbene la cultura manifatturiera e non di vestiti italiana sia una delle più riconosciute al mondo, i giornalisti del quotidiano torinese rimangono stupiti (tra un elogio e l’altro a oscuri designer finlandesi) dal fatto che siano appunto le marche “tricolori” a dettare legge sul mercato.

E quindi, come non tirare in mezzo Matteo Salvini? Tra una divisa e l’altra, d’altronde, il vicepremier è riuscito a creare polemiche anche con la sua mìse da stadio. E il pezzo non manca di ricordarlo: “Alla vigilia della formazione del governo” il leader della Lega indossò “un giubbotto di un brand italiano di proprietà uno dei responsabili di Casa-Pound“. In maniera davvero molto elegante (per rimanere in tema) tuttavia la giornalista “dimentica” di citare il nome della marca che, sebbene non presente nel salone della moda maschile di Firenze, occupa gran parte dell’articolo. Ve lo diciamo noi: la marca è Pivert, e viene raccontata da Tempi moderni come un “marchio che pesca l’ispirazione da un immaginario molto definito politicamente. Come anche i nomi dei suoi modelli («fighter», «martialis», «victores»)”. Un sapiente esercizio stilistico, quello di analizzare l’intero catalogo di un brand senza mai menzionarne il nome!

Insomma, il giubbotto e tout court lo stile casual pratico ed elegante, sarebbero “sovranisti” secondo La Stampa: poco importa che marche come Stone Island, Albam, Cp Company siano nate – alcune dal genio italiano di Massimo Osti – ben prima che la sola parola “sovranista” divenisse di uso comune. Ma per una volta, forse, va bene così: lasciamo ad altri i risvoltini, i colori fluo e gli occhialini alla John Lennon. Con buona pace dei designer finlandesi e dei costumi da spiaggia ecosostenibili. E in quanto alla “marca fantasma” Pivert ricordiamo: ogni pubblicità è buona pubblicità.

Ilaria Paoletti

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2 comments

Andrea Spilotti 14 Gennaio 2019 - 10:26

Inutile commentare il delirio bavoso di un foglio di carta igienica creato e finanziato dai capitalsionisti, apolidi quando conviene (con la fiat hanno sempre fatto man bassa quando c’erano i dividendi, scaricando sul contribuente i periodi di crisi con la cassa integrazione, capitolo a parte sarebbe il trasporto su rotaia, bastò un loro diktat a fermarlo…perchè avevano l’iveco e dovevano vendere camion…o vogliamo parlare dell’autostrada Torino-Savona (chiamarla così è un insulto, per decenni una strada pericolosissima per loro volontà)…e qui mi fermo…

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"Moda sovranista": così La Stampa parla di Pivert. Ma "dimentica" il nome | NUTesla | The Informant 15 Gennaio 2019 - 7:05

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