È la sera del 6 marzo dal 2013, dal suo ufficio nella sede centrale del Monte dei Paschi di Siena precipita, trovando la morte sul selciato, David Rossi, responsabile della comunicazione dell’istituto bancario che Ezra Pound nei suoi Cantos lodava come la «banca, ottima in Siena» e che negli ultimi anni, grazie anche a una gestione impregnata di politica (di colore rosso) è travolta dai guai e dagli scandali.
Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di maggio 2021
Rossi muore in una sera piovosa: gli inquirenti, nonostante due inchieste, archiviano il caso come un suicidio. Ma molte cose non tornano. Per niente. A insistere per la riapertura del caso sono prima di tutti i familiari, assolutamente certi che Rossi non avesse nessuna intenzione di suicidarsi.
Una zona grigia sulla morte di David Rossi
In soccorso della moglie e dalla figlia vanno numerosi servizi di uno dei programmi televisivi più noti: Le Iene. Vengono scovati testimoni che confermano come intorno al caso ci sia una zona grigia, ci siano troppi particolari da chiarire; un ex sindaco di Siena si dice convinto che Rossi non si sia suicidato e invita ad accendere i fari su certi festini che si terrebbero tra la città del Palio e Arezzo.
A condurre l’inchiesta, che gli frutterà anche un buon numero di querele, c’è Antonino Monteleone, uno dei giornalisti del programma che vanta numerose esperienze come inviato televisivo nelle principali trasmissioni di approfondimento. Pilota di aerei, prova ad andare controvento sull’inchiesta, aprendo squarci indubbiamente inquietanti sulla vicenda. È anche grazie alla sua ostinazione se nelle scorse settimane è arrivato il via libera per istituire una Commissione parlamentare sull’ennesimo caso dell’Italia repubblicana dove non sembra essere stata fatta chiarezza.
Come è nata la voglia di approfondire il caso della morte di David Rossi?
«Venivo da Piazzapulita, ero appena arrivato alle Iene e cercavo una storia di spessore, anche se la seconda archiviazione giudiziaria del caso sembrava il sigillo finale. Leggendo le carte, però, molte cose non tornavano».
Qual è stato il tassello o la testimonianza che l’ha convinto che qualcosa non quadrasse?
«Due fatti. Primo: per chi come me lavora raccontando storie attraverso le immagini, quelle della caduta di David Rossi sono oggettivamente sorprendenti. Si può pensare che Rossi abbia voluto suicidarsi in modo rocambolesco, ma non torna la caduta come un sacco di patate; senza considerare che non era un impiegato allo sportello sospettato di ruberie e non poteva essere stata una perquisizione da non indagato ad averlo sconvolto. Secondo: il comportamento di alcune persone che erano vicine a Rossi e che non ne parlano o ne hanno parlato in un certo modo. La vedova ci ha spiegato che alcune sono letteralmente sparite, pur essendo in stretti legami».
Dopo anni di inchiesta e 18 servizi tv, cosa non torna nella morte del capo della comunicazione del Mps?
«Il primo a rompere il muro di gomma è stato l’ex sindaco di Siena Piccini, che a caldo ha ipotizzato il suicidio, ma poi ha avuto il coraggio di cambiare idea. Le indagini hanno oggettivamente poco contenuto, basti pensare che non è stato richiesto il tabulato telefonico di presenze nella zona entro le 48 ore successive. Eppure c’è un signore che nelle immagini delle telecamere di sorveglianza si vede chiaramente…