23 luglio, Neptunalia. Vi riproponiamo questo articolo pubblicato cinque anni fa su questo giornale
Roma, 25 lug – Nell’antica Roma in questo periodo (precisamente il 23 luglio) si celebravano i Neptunalia, in onore del Dio Nettuno. La radice “nep” fondamentalmente indica l’acqua e vicino Roma, ad esempio, la cittadina di Nepi è famosa proprio per le sue acque. Inizialmente a Roma Nettuno, divinità dei primordi, era considerata protettrice delle acque e dell’uso di esse. Non a caso, dal giorno successivo ai Neptunalia, dal 24 luglio al 26 agosto, sorge e tramonta con il Sole la stella Sirio della costellazione del cane maggiore. Sirio viene da Seiros che significa “che fa appassire” o “che inaridisce”. Questo periodo di grande caldo viene detto canicola, da canicula cioè piccolo cane, inteso come Sirio. È fondamentale allora l’acqua per sopravvivere al gran caldo.
Nella storia di Roma, durante l’assedio di Veio che durò 10 anni, riportano gli storici che improvvisamente le acque del lago Albano erano cresciute straordinariamente e miracolosamente, nonostante fosse proprio il periodo della canicola. I Romani, per avere una spiegazione al prodigio, inviarono una delegazione ad interrogare l’oracolo di Delfi. Fatto questo straordinario, se si pensa che nella storia di Roma gli ambasciatori vennero inviati a Delfi solo in due occasioni, in questa e durante le invasioni di Annibale dopo la sconfitta di Canne. Da non trascurare la pericolosità e gli imprevisti possibili in un viaggio così lungo per l’epoca.
I Neptunalia e il significato delle nostre vite
Nel frattempo, un vecchio aruspice etrusco, davanti le mura di Veio assediata dai Romani, aveva profetato che la città sarebbe caduta solo dopo che le acque del lago Albano fossero state fatte defluire. Catturato e interrogato, aveva confermato il vaticinio. Gli ambasciatori di ritorno da Delfi portavano la stessa risposta, aggiungendo però che dovevano essere svolte in maniera rituale le ferie latine e il sacrificio sul monte Albano, azioni entrambe trascurate dai Romani. Inoltre, le acque dovevano essere fatte defluire dal monte Albano senza farle giungere al mare, cioè disperdendole nei terreni circostanti, quasi ad impedire metaforicamente il ritorno al mare, cioè il ripercorrere in senso inverso il cammino di Enea e l’espansione dei suoi discendenti. La crescita delle acque era un evento paragonabile alla crescita anomala della quadriga di Veio. Entrambi eventi straordinari che presagivano la futura grandezza di Roma e lo scontro mortale con l’Etruria, civiltà straordinariamente sviluppata prima dell’Urbe.
Tra i tanti punti di forza degli etruschi vi erano proprio le opere idrauliche compiute (basti pensare alla cloaca maxima, costruita a Roma proprio sotto i Re etruschi) e la capacità degli aruspici. Anche in questi campi i romani non vollero essere secondi a nessuno: attraverso lo studio, lo sforzo e la lotta superarono la maestria etrusca. Per concludere l’episodio, i romani seguono le medesime indicazioni ricevute dell’oracolo di Delfi e dell’aruspice etrusco, predisponendo quindi il destino alla caduta di Veio. Furio Camillo fa scavare un cunicolo sotto le mura e procede all’evocatio degli Dèi protettori di Veio (di Giunone in particolare). La conquista della città poco dopo è la “naturale conseguenza” degli atti sacri compiuti. Il cielo sopra di noi è ancora in grado di parlare a chi sappia capirne il messaggio, nelle acque dei laghi, dei fiumi e dei mari vivono celate le forze che attendono uomini che sappiano ridestarle. Agli uomini spetta il compito di tradurne il significato nelle nostre vite.
Marzio Boni
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Bell’articolo