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“Salis ai domiciliari nell’ambasciata di Budapest”. Perché non nominarla ministro?

by Alberto Celletti
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Salis domiciliari Budapest

Roma, 6 giu – Ilaria Salis ai domiciliari all’ambasciata di Budapest? Precisiamo subito che il virgolettato del titolo è generico, nel senso che la voce ha avuto più interpreti. Quanto al ministro degli Esteri Antonio Tajani ha solo espresso la possibilità di “valutare” l’eventualità. Ma la sua figura rappresenta l’imbarazzo di un governo che non sa dire no alla solita sinistra capricciosa e petulante, per di più non su un missionario in Africa ma su una persona accusata di azioni molto gravi.

Salis, docimiliari a Budapest per il resto della custodia

In realtà era stata la stessa Ilaria Salis a chiedere la possibilità di scontare i suoi domiciliari nell’ambasciata italiana di Budapest. Aveva formulato “l’idea” propro ieri, in una lettera indirizzata al premier Giorgia Meloni. Poi Tajani, al forum Ansa, ha risposto alla domanda fatidica che inevitabilmente si diffonde tutte le volte che un perno delle propagande provenienti da sinistra viene edificato. Il vicempremier lo  ha fatto nel “solito modo”: “”Vanno fatte le valutazioni del caso”, dice, e vedere se sia “possibile”. Aggiungendo che “serve un’autorizzazione, perché l’ambasciata è considerata zona extraterritoriale. Da parte nostra non ci sono preclusioni, abbiamo trattato lei come tutti i cittadini detenuti nel mondo”. Con un po’ di fortuna potremmo cambiare le regole riguardanti l’età e proporre la Salis come primo presidende della Repubblica, chi può dirlo. Sarebbe anche la prima donna, immaginate che bella accoppiata?

Cronache di una “maestra” privilegiata

In un mondo normale nessuno si sarebbe mobilitato per “liberare” Ilaria Salis, figuriamoci per candidarla addirittura alle elezioni con l’unico scopo di farle saltare processi ed eventuali condanne. In un mondo normale si sarebbe seguito un normalissimo iter processuale, per verificare o smentire le accuse, senza che due altrettanto normalissime catene ai polsi o ai piedi costituissero motivo di scandalo o addirittura di violazione degli inflazionatissimi “diritti umani”. Ma in un mondo normale non ci siamo, anzi è l’Italia normale che manca. Dunque a questo punto lanciamo una seconda provocazione, dopo quella dell’approdo al Quirinale, perché si sa, i tempi non sono maturi e ci vuole gradualità: proponiamola come ambasciatrice a Budapest, o magari cretiamo un nuovo minstero di cui renderla titolare. Facciamo il salto successivo, d’altronde la maestra ha già deciso di intraprendere la strada dell’influencer. Perché non rafforzare la strada del dialogo tra Bruxelles e Viktor Orban? Voi lettori, che ne pensate?

Alberto Celletti

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