Roma, 30 apr – Saluti antifascisti per “Fini Gianfranco”, per gli amici “il compagno che non ce l’ha fatta”. Ma in realtà si tratta di una pura speculazione sintattica. Magari l’ex segretario Msi e An avesse avuto nella sua storia politica la dignità di un compagno vero. Si chiude, con la sentenza appena emessa con cui il caro Gianfry viene condannato a due anni e otto mesi di reclusione (come peraltro era nell’aria già dal mese scorso sebbene la posta “in carcere” stimata fosse molto più alta), una pagina che il giudiziario non può guarire se non in parte e in via indiretta. Perché i mali generati dalla figura di Fini vanno perfino oltre lo scandalo di Montecarlo con cui si è arenata la sua vita politica.
Montecarlo, uno scandalo collaterale: il vero reato è stato contro intere generazioni di giovani innocenti
Diciamo pure la verità. Lo scandalo di Montecarlo e la sua condanna sono collaterali, in una vicenda in cui lo stesso Fini è marginale, quanto meno rispetto a Elisabetta Tulliani e al fratello Giancarlo. Nella precedente riflessione abbiamo scritto che il contrappasso, sia pur indiretto e con questioni che nulla c’entrano con quella umana, politica, ma diremmo anche spirituale di un tradimento come quello finiano, siano futili. Però non è escluso che ci possa essere del trascendente in tutto ciò. Per carità, siamo sotto un cielo che nessuno conosce a fondo e quindi ci si esprime per pure sensazioni. Certo è che, se si guarda alla storia, Al Capone fu incarcerato per evasione fiscale, non certo per i crimini sanguinari di cui si era reso protagonista. Ebbene, Gianfranco Fini sangunario non è – almeno quello – ma si è macchiato di un reato per cui non è prevista alcuna pena: quello del tradimento di intere generazioni di militanti, di persone che hanno creduto in un’idea e che hanno combattuto per essa. Agli inizi, incuranti di essere guidati da qualcuno che gli avrebbe voltato le spalle più volte, senza nessuno scrupolo. Ebbene, per una vergogna simile non esiste alcuna pena prevista dal codice. Eppure, sotto il cielo, ci siamo tutti.
Saluti antifascisti, caro Fini
Diciamo pure questo, della condanna per riciclaggio non ce ne frega niente. Troppo forte è la ferita inferta in decenni di politica accatona e indegna per concentrarsi su di essa. Ne è passata di acqua sotto i ponti, caro Gianfranco. E ne sono passati di saluti antifascisti. Da Fiuggi in poi, sempre più accesi e quasi irridenti. Contro tanti giovani, tanti anziani, tante persone che hanno dato l’anima e forse perfino oltre per un’idea. Miseramente ammazzata in quel congresso e ancora più miseramente offesa negli anni successivi. Chi scrive ha la testimonianza familiare di un padre che da Fiuggi tornò in lacrime, e che tutto questo non può né deve dimenticare. Per rispetto di chi ancora combatte, di chi non sceglie la strada più facile, di chi pensa anzitutto a proseguire nella lotta e non si sofferma sul cinico materialismo. Di chi sogna. Di chi si proietta verso l’infinito e non solo verso sé stessi. Allora si può dire di aver vissuto davvero in questo povero mondo, con l’intento di non estinguersi prima ancora di venire alla luce.
Stelio Fergola