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Da Scurati a Vannacci: quando a scegliere i propri riferimenti sono gli avversari

by Michele Iozzino
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Roma, 30 apr – Roberto Vannacci sembra essere l’uomo del momento, nonostante la campagna social del Partito democratico per ignorarlo. O forse proprio grazie a questa.

La campagna del Pd per ignorare Vannacci

Qualche giorno fa il partito di Elly Schlein aveva lanciato l’hashtag #ignoraVannacci con tanto di foto del generale con il volto coperto dalla scritta “ignoralo”. Il tutto nell’intenzione di escluderlo dal dibattito pubblico: “Non faremo il suo nome. Non gli faremo il favore di rilanciare i suoi deliri, le sue frasi schifose, la vergogna che rappresenta per tutte le donne e gli uomini in divisa. Proteggiamoci dalle sue parole d’odio”. Chissà se la sinistra più trincarciuta si sia effettivamente accorta che gran parte del successo di Vannacci derivi dai propri isterismi, optando invece per una congiura del silenzio. Certo è che annunciarlo in pompa magna non sia stata una gran mossa. Ad accorgersene è stato anche il diretto interessato, il quale – in occasione di una presentazione a Lucca del suo nuovo libro Il coraggio vince – ha subito sfoggiato una maglietta con l’immagine usata contro di lui, commentando: “Per fortuna il Pd mi ha già preparato la maglietta: meno male che loro usano l’armocromista…”.

Vannacci come Scurati?

Che la mossa dei dem si sia rivelata un autogol ci fa dimenticare il fatto che, in fin dei conti, fosse un tentativo di censura o quantomeno di ridurre all’irrilevanza una voce poco gradita. Una eterogenesi dei fini che potrebbe ricordare quanto accaduto nel caso di Antonio Scurati, con lo scrittore abilissimo a imporsi mediaticamente sfruttando la cancellazione del proprio monologo. Due casi paralleli, i quali ci mostrano una parte importante di come funziona il dibattito pubblico dove le polemiche gettano fumo negli occhi e i contenuti vengono persi di vista. Scurati – per ovvi motivi – ha potuto giocarsela sul vittimismo e sul martirologio, mentre Vannacci ha dovuto puntare tutto sull’ironia. Ma così si crea uno strano gioco di specchi, per il quale si diventa voce di qualcosa solamente in negativo, ovvero per le reazioni avverse dell’altra parte.

Michele Iozzino

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