Roma, 29 mar – I trafficanti puntano direttamente alle Ong, ed è cosa nota. I dettagli di come ciò avvenga sono stati affrontati in vari modi in questi anni (si ricordi la celebre inchiesta di Report a riguardo), ma altri elementi emergono dal lavoro di investigazione del Giornale che, dopo le chat e i contatti in incognito con gli scafisti, ora scoprono anche nuovi dettagli.
Trafficanti e Ong: il “fattore calamita”
La ricerca dei trafficanti improntata alle Ong è l’ennesima dimostrazione di quanto queste ultime fungano da fattore di attrazione incredibile per l’immigrazione clandestina: del resto, non è opinabile il fatto che nei momenti di minore attività, anche gli altri sbarchi – fantasma e non – siano diminuiti considerevolmente. Le cosiddette “navi umanitarie” costituiscono un “fattore calamita” evidente: si posizionano davanti alla costa e, praticamente, aspettano. Scafisti e trafficanti lo sanno e si muovono di conseguenza. Effettuando prima il “lancio” (leggasi, la partenza), e poi la ricerca successiva, basata anche sui già enunciati contatti via radio tra i “comandanti” dei barchini e le stesse Ong.
Metodi di tracciamento
Uno dei metodi di tracciamento che i trafficanti usano per trovare le Ong è il telefono satellitare. Una conferma viene data da video pubblicati dagli stessi trafficanti, in cui figura uno smartphone con un numero di cellulare con prefisso +882, riconducibile a un operatore di un cellulare satellitare dei Paesi Arabi. Con un numero che è affidato agli scafisti a bordo dei barchini. Avviene la telefonata, e il soggetto “chiamante” usa un’applicazione di tracciamento marittimo e satellitare dove si vedono due elementi: uno è il barchino, l’altro probabilmente la nave Ong. Un video, questo, che è stato pubblicato in uno dei post in cui si annunciano le partenze dalla Libia.
Alberto Celletti