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Senza odio, senza violenza, senza armi: breve storia ribelle di Albert Spaggiari

by La Redazione
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Roma, 24 giu – Nel giugno di 29 anni fa si spegneva in uno chalet bellunese uno dei maggiori avventurieri del secolo scorso: il francese Albert Spaggiari detto “Bert”, artefice della famosa “rapina del secolo”. L’abito di ladro gentiluomo “confezionatogli su misura” dalla stampa dell’epoca, fatica tuttavia a contenere una personalità molto più poliedrica ed eclettica. Spaggiari è stato infatti anche soldato, ribelle, abile fotografo, dandy, ingegnoso utilizzatore della tecnica.
Nel 1950 si arruola nel 3° battaglione paracadutisti coloniali dell’esercito francese allora impegnato in Indocina a combattere le forze Vietminh, fondate nel 1941 da Ho Chi Minh. Nel ’54 viene tuttavia arrestato dalla polizia militare con l’accusa di aver rapinato un bordello di Saigon e successivamente rimpatriato. L’aver prestato servizio nell’esercito francese è una caratteristica che lo accomuna al forse più famoso bandito francese del secolo scorso, Jacques Mesrine, altresì noto come il “nemico pubblico numero uno”. A differenza di Spaggiari tuttavia, Mesrine non si espose mai politicamente rimanendo un criminale “comune”. Infatti, dopo una breve parentesi professionale in Senegal sul finire degli anni cinquanta in compagnia della sua donna Audi, Spaggiari inizia la sua militanza nell’Organisation de l’armée secrète (“OAS”), organizzazione paramilitare clandestina che si batteva contro l’indipendenza dell’Algeria dall’allora madrepatria francese. La militanza lo porterà nel novembre del’61 a partecipare a un tentativo di assassinio del presidente francese Charles De Gaulle, uno dei principali artefici del ritiro da quella che era allora nota come ”Algeria francese”.
La militanza lo condurrà all’arresto avvenuto il 27 febbraio del 1962 in una tipografia clandestina dell’OAS a Villefranche-sur-Mer. Dopo la sua liberazione, avvenuta nel 1965 apre un studio fotografico a Nizza dove vive per diversi anni, senza mai interrompere i viaggi e le frequentazioni internazionali. Vive sulle colline dell’entroterra nizzardo in un rustico isolato ribattezzato “Le Oche Selvagge (dove le S dell’insegna erano dipinte in caratteri runici). Nella primavera del 1968 visita Praga, nel pieno dei moti che avvieranno il paese sul lungo cammino dell’affrancamento dal giogo sovietico. Ma l’ingegnosa e criminale impresa, capolavoro del ribelle Spaggiari, arriva il 16 luglio 1976: dopo mesi di preparativi – con l’aiuto di amici ed ex camerati – mette in atto un piano per svaligiare la sede nizzarda della banca Société générale, scavando un tunnel che collega il caveau alla rete fognaria cittadina. Il colpo – perfettamente riuscito – è completato dalla frase che tratteggia sulla parete del caveau: “Senza odio, senza violenza, senza armi”.
I festeggiamenti per l’ingente somma sottratta all’istituto di credito francese, termineranno tuttavia il 27 ottobre 1976 all’aeroporto di Nizza dove Spaggiari viene arrestato di rientro da un viaggio in Giappone. Durante la reclusione Spaggiari è difeso dal principe del foro nizzardo, Jacques Peyrat, allora esponente di spicco del Front National. Ma l’evasione – spettacolare – non tardò ad arrivare: il 10 marzo 1977, approfittando di un colloquio nella stanza del giudice istruttore, si avvicina alla finestra con un pretesto e salta dal secondo piano sul tetto di un’automobile sottostante. Un complice lo preleva, aiutandolo a scomparire rapidamente a bordo di una motocicletta.
Sulla successiva latitanza si alternano diverse voci, che vedono Bert in diversi paesi dell’America Latina: ora in Argentina per sottoporsi ad un intervento di chirurgia estetica, ora in Cile per collaborare con la Dirección de inteligencia nacional (la temibile polizia politica nota come DINA), ora in Paraguay in qualità di ospite del dittatore Alfredo Stroessner, ora a sorseggiare un drink all’Hotel Meridien di Rio de Janeiro in compagnia di Tomaso Staiti di Cuddia. Spaggiari trascorrerà il resto della sua vita libero, comparendo di tanto in tanto in una foto oppure in un’intervista televisiva sempre in abiti sartoriali, occhiali da sole e con un disarmante sorriso sulle labbra, il sorriso del Ribelle che ha beffato il Leviatano (bancario e giudiziario).
Edoardo Fiorani

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