Come spesso ci ha abituato Novak Djokovic – fresco vincitore per la quinta volta del torneo, piegando in finale Milos Raonic – si è posizionato controcorrente rispetto al pensiero unico dello sport mondiale. “Ho un enorme rispetto per tutte le energie che la WTA e chi per lei ha dedicato nel corso degli anni per ottenere uguaglianza di prize money. Tuttavia, noi dell’ATP da parte nostra dovremmo combattere per ottenere una fetta più grande dei montepremi, perché possiamo dimostrare che i match maschili attirano più spettatori. Se ci sono statistiche e dati disponibili per verificare chi riesca ad attirare più attenzione, più spettatori, chi venda più biglietti, bisognerebbe fare in modo che i montepremi vengano suddivisi di conseguenza”.
Sessismo? Solo mere statistiche di vendita, chi riesce a far volume d’affari, nell’ottica speculativa dello sport, è quello che deve guadagnare di più. Non parliamo di giusto o sbagliato, ma di danaro da dividere in base a pay-tv, spettatori e appeal del tennista. Si può arrivare ad odiare la pallina gialla colpendola 25oo volte al giorno, come raccontava Andre Agassi nella sua autobiografia “Open”, oppure infilandosi nel cul-de-sac dei montepremi. L’ascetismo della racchetta sarà rinchiuso in ore di gioco a tu per tu con se stessi, intanto gli assegni in banca sono già lauti per le gonnelle e per i pantaloncini del circus.
Lorenzo Cafarchio
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Il problema e’ che oggi non c ‘e’ liberta’ di opinione
1997, un quotidiano gratuito di Milano riportò una notizia: il tennista cileno Rios, numero 1587 della classifica mondiale maschile, per dimostrare la superiorità del tennis maschile sfidò le sorelle Williams (numeri 1 e 2 della classifica femminile) una dopo l’altra, nella stessa mattina, un set a testa. Risultato: con Serena vinse 6-1; con Venus 6-2. Nessuna TV, nessun giornale ne riparlò mai più…è la libertà di stampa, bellezza!
è solo una questione di forza fisica
difatti anche i campionati si scacchi sono divisi
in maschile e femminile