Home » Sonia Bergamasco trionfa in tutta Italia con “La locandiera”

Sonia Bergamasco trionfa in tutta Italia con “La locandiera”

by La Redazione
0 commento

Roma, 10 mar – Dalla commedia (1752) di Carlo Goldoni: in Firenze Mirandolina amministra, col fido cameriere Fabrizio (cameriere e suo innamorato), una locanda ereditata dal padre; tra gli ospiti che, senza alcuna speranza, la corteggiano i più insistenti sono il marchese (decaduto e squattrinato) di Forlimpopoli e il conte (un arricchito che ha comprato il titolo) di Albafiorita: uno le offre protezione e l’altro ricchi doni, dal canto suo Mirandolina, che si difende e si mantiene da sé, li ricambia deridendo loro e le loro baruffe. Finché non le capita per ospite lo scortese cavaliere di Ripafratta, tenacissimo misogino. Decisa a punirlo in quanto odiatore delle donne, “la miglior cosa che abbia prodotto al mondo la bella madre natura”, Mirandolina si ripromette di farlo innamorare di lei nel giro di qualche ora.

Un’opera teatrale che ha fatto storia

Commedia celeberrima, La locandiera è un prezioso documento in tempo reale del passaggio di testimone fra due classi dirigenti: l’aristocrazia, che nel Settecento era ridotta a qualcosa meno d’uno spettro, e l’arrembante borghesia, che diventerà davvero dominante a partire dal secolo successivo: la nobiltà del nome e quella del lavoro, la supremazia di ciò che si è e quella di ciò che si fa. Nella storia del teatro, La locandiera è importante per aver creato un personaggio del tutto inedito: se la “serva” prima poteva essere soltanto una ragazza ingenua e in balia del capriccio maschile, Mirandolina – che, altra novità, non è più una ragazzina – è proprietaria, oltre che della locanda, di se stessa e del proprio destino. La cultura dominante nell’Occidente di questi ultimissimi anni ha, tra i suoi leitmotiv, una rinnovata versione del femminismo: non di quello ottocentesco, ma di quello sessantottino, con toni più isterici e argomenti più stereotipati. Era quindi inevitabile la riproposizione della commedia che meglio d’ogni altra propone una figura femminile forte, il cui tratto distintivo è la maestria nel muovere i fili dei burattini (maschi) che la circondano: La locandiera, in questo allestimento curato da Antonio Latella, lo fa con garbo e brio, in un contesto ben più fine di molti film, trasmissioni televisive, pubblicazioni che cavalcano la campagna d’odio contro un più o meno fantasmagorico “patriarcato”. La locandiera esce da certo dogmatismo misandrico, sbandando alla fine nel breve, celebre monologo nel quale la stessa Mirandolina mette in guardia gli spettatori (uomini) dalle “malizie imparate, e si ricordino della locandiera”.

Sonia Bergamasco è una grande Mirandolina

Ci si sarebbe potuto aspettare un quasi-monologo della sua protagonista – anche in virtù della notorietà della sua prima attrice, assai superiore a quella dei suoi, molto bravi, comprimari; invece la Mirandolina della formidabile Sonia Bergamasco resta per lo più in disparte, a intessere la trama come il Prospero della Tempesta scespiriana. Quando però calca la scena, tutto e tutti attorno scompaiono. Attrice e scrittrice di grande cultura, bravura e fascino, nota soprattutto per i suoi recenti ruoli comici (la dottoressa Sironi, “perfida” dirigente ministeriale che bracca Checco Zalone, impiegato pubblico geloso del proprio posto fisso, in Quo Vado? di Gennaro Nunziante; ma soprattutto Luce, la svaporatissima radical chic, ex moglie di Giovanni-Antonio Albanese, traumatizzata dall’incontro con i consuoceri borgatari nei due film Come un gatto in tangenziale di Riccardo Milani) e già allieva di Giorgio Strehler, il nume tutelare del Piccolo, la milanese Sonia Bergamasco riempie, con la sua pur esilissima presenza scenica, il palco del “teatro d’Europa”. Molto bene tutto il cast (Cortellazzo Wiel e Pizzigallo; Fededegni, Franzoni, Manetti, Pestilli, Villa), ennesima riconferma di quanto gli attori teatrali in attività siano migliori delle nuove leve televisive e cinematografiche italiane; un poco piatta la scenografia (pur coerente con la scelta di costumi prosaici – tute da ginnastica, maniche di camicia, spolverini); poco efficace il duo delle finte aristocratiche, Dejanira e Ortensia (con tanto di prevedibilissime effusioni saffiche). Comunque una bella operazione: negli stessi giorni in cui esce nei cinema l’orrendo secondo capitolo dei Tre moschettieri, mediocre rivisitazione d’un classico della letteratura francese, con l’ottima Eva Green che nonostante il sottotitolo indichi la sua Milady come protagonista, e nonostante gli slogan ormai di prassi, si trova relegata in un ruolo piatto e defilato; in Italia invece si recupera un monumento del teatro italiano rendendone bene la dimensione. La locandiera del Piccolo non avrà la risonanza dei film più o meno femministi e anti-patriarcali che in questi mesi invadono i cinema: ma è un’operazione più intelligente, solida, onesta. Senza poi tralasciare la gioia di vedere una grande opera goldoniana nel teatro su cui ancora, in una Milano incupita da una sempre più fitta cappa di mestizia culturale, aleggia il ricordo del triestino Strehler.

“La locandiera” in giro per l’Italia

Il Teatro Stabile dell’Umbria sta portando La locandiera, con regia di Antonio Latella e protagonista Sonia Bergamasco, nei principali teatri italiani dallo scorso anno: da Spoleto, nell’ottobre 2023, a Udine nel mese successivo; lo spettacolo ha debuttato al Piccolo di Milano martedì 20 febbraio, dove resterà sino al 3 marzo, per poi proseguire, fra marzo e aprile, a Cuneo, Ravenna e Roma (all’Argentina).

Tommaso De Brabant

 

 

 

 

 

You may also like

Commenta

Redazione

Chi Siamo

Il Primato Nazionale plurisettimanale online indipendente;

Newsletter

Iscriviti alla newsletter



© Copyright 2023 Il Primato Nazionale – Tutti i diritti riservati