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“Sostituzione etnica con lavori di m.”: Il delirio del “Fatto” che accusa gli italiani di non voler essere schiavi

by Stelio Fergola
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Roma, 3 apr – La sostituzione etnica avviene solo con “i lavori di m.”, come li definiste Il Fatto Quotidiano nel delirante editoriale di quest’oggi scritto da Alessandro Robecchi. Difficile trovare un filo conduttore sensato nella sedicente riflessione, ma andiamo a leggere meglio le perle – tanto per cambiare immigrazioniste – del pezzo in questione.

“Sostituzione etnica con lavori di m.”. Così Il Fatto sull’immigrazione di massa

“Il Fatto”. Di nome e “di fatto”. Perché diciamolo, il dubbio che chi abbia scritto questo pezzo sia in preda all’effetto di sostanze stupefacenti c’è. Purtroppo possiamo solo esprimere il dubbio, perché di prove non ce ne sono. A prescindere dall’estrema modestia tecnica e culturale con cui si parla del problema della denatalità, liquidata quasi con piacere ma parlando, sostanzialmente, a caso: “Ma chissà perché con i salari fermi da trent’anni, l’inflazione che si mangia il carrello della spesa, i giornali che invocano la guerra, i diritti in ritirata, la sanità pubblica gravemente ammalata e un dieci per cento della popolazione che balla intorno alla soglia di povertà, gli italiani fanno sempre meno figli. È veramente un mistero, porca miseria, chi l’avrebbe mai detto?”

Scritto pure con il piglio dell’esperto, di chi dovrebbe saperla lunga. Eppure le sciocchezze e le superficialità in così poche righe si sprecano. Riconducibili a un solo problema: l’inquadramento esclusivamente materiale dell’esistenza. Qualcuno dica al signor Robecchi che gli italiani fanno sempre meno figli da 50 anni, per ironia della sorte quando questo processo verso la morte è cominciato (negli anni Settanta del secolo scorso) c’era stata un’altra crisi inflattiva ma comunque si procreava molto più di oggi. Qualcuno dica a Robecchi che in questo Paese si è figliato come non mai con la Nazione in macerie e con una soglia di poverà che il 10% attuale – pur drammatico – al confronto fa semplicemente ridere. E con salari da fame. Insomma, in questo pensiero c’è tutta la superficialità di chi ignora che la questione economica – pur importante e assolutamente da non sottovalutare – non sia totalizzante. Il calo delle nascite è un problema anche spirituale, di tutti noi (mi metto in prima persona tranquillamente), ma se proprio non vogliamo concedere l’esistenza metafisica, concentriamoci sul dato culturale. Ovvio che l’economia incida, ma se con le bombe appena passate e la fame dilagante si procreava a livelli inimmaginabili rispetto ad oggi, se non si reagisce quanto meno ponendosi qualche domanda si è solo due cose: degli ignoranti o dei presuntuosi. Magari tutte e due, del resto sovente i due aspetti vanno d’accordo.

Cattivi italiani, che pretendono di non essere schiavizzati al lavoro

Non va meglio l’editoriale di Robecchi quando si concentra sull’integrazione degli immigrati, ovvero la sostituzione etnica che cita in tono polemico e visibilmente deridente verso chi – accidenti a lui, chiunque sia – non è così contento dell’estinzione del popolo italiano, troppo bianco per essere pianto e questo lo sappiamo bene. Si legge testualmente: “La sostituzione etnica tanto temuta dal ministro cognato è in atto soprattutto per i lavori di merda, rischiosi e sottopagati”. Tutto vero, a parte che non si tratta di un questione di lavoro ma di presenza concreta e, soprattutto, di generazioni future. Senza dimenticare il sottopagato come se fosse quasi un torto, quello di questi italiani cattivi e sfaticati di non voler essere pagati due noccioline (in tutti i sensi). Per poi concludere con un ironico – quante risate! – attacco ai “lavori che gli italiani non sanno più fare, come il ministro del Turismo”. Se non altro, nel finale si prova ad essere divertenti. Senz riuscirci minimamente, sia ben chiaro.

Stelio Fergola

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