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Caso Roberto Berardi, presidio sotto l’ambasciata della Guinea

by Marta Stentella
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Rob2Roma, 18 giu – Questa mattina una rappresentanza del movimento Sovranità, guidata dal presidente Simone Di Stefano, ha manifestato insieme ai familiari di Roberto Berardi per chiederne la liberazione. La moglie e i figli si sono incatenati davanti all’ambasciata della Guinea Equatoriale, a Roma, protestando contro l’ingiusta detenzione del proprio caro. Sovranità sostiene da tempo la battaglia del nostro connazionale che da due anni è prigioniero in Guinea Equatoriale in condizioni ambientali e igienico-sanitarie terribili.

Qualche settimana fa ci siamo occupati dettagliatamente del caso in occasione proprio della data che era stata indicata per la sua scarcerazione, il 19 maggio ma che è invece slittata, senza chiare motivazioni, al 7 luglio. Ricordiamo che Roberto Berardi, noto e stimato imprenditore, era in Africa a costruire strade, ponti, dighe e palazzi, creando, tra l’altro, tantissimo lavoro per le popolazioni centrafricane. Per questi fini ha malauguratamente deciso di mettersi in affari con il figlio di Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, attuale dittatore della Guinea, ma dopo l’accordo iniziale è scoppiato uno scandalo finanziario che vedeva coinvolto proprio il figlio del dittatore e per proteggere la rispettabilità della famiglia presidenziale, Berardi è stato scelto come vittima designata. Condannato dopo un processo ridicolo a porte chiuse e senza prove, è finito in carcere, in una piccola cella di 2 mq, dove ha già contratto la febbre tifoidea ed un enfisema polmonare. Da due anni riceve soltanto un pasto al giorno e sta subendo torture fisiche e psicologiche e sevizie di ogni genere. La famiglia è inoltre stata condannata al pagamento di una somma di 2 milioni di euro che però non possiede.

Il nostro governo non si è mai interessato alla faccenda, che come molti casi di italiani resi prigionieri nel mondo, sembra avere proprio gli aspetti di un rapimento con richiesta di riscatto. Stesso discorso per i media che tacciono qualsiasi informazione rispetto a questa terribile storia.

Marta Stentella

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