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“Tutti gli uomini pensano come un femminicida”: il delirio su Vanity Fair

by La Redazione
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uomini violenza

Roma, 5 dic – “Era necessario, per me, tenere un colloquio con una persona che ha commesso un femminicidio? Probabilmente no. Io lo sapevo già che tutti gli uomini pensano come pensa un femminicida. Ma forse, chi approda su queste righe, non lo sa ancora. Forse, gli uomini che leggeranno quanto scritto si accorgeranno che il loro modo di pensare è lo stesso modo di pensare di un femminicida, e che non basta non uccidere una donna per essere dalla parte giusta”. Sono queste le parole riportate dalla femminista Valeria Fonte in un articolo pubblicato su Vanity Fair. Un pezzo scritto dopo aver tenuto un colloquio con Michele, un uomo che, nel 2005, ha ucciso la compagna Federica prima strozzandola e poi bruciandola in un’auto, uscendo di prigione nel 2017, dopo aver scontato dodici anni di carcere. “Non è un’intervista. Non è la storia del punto di vista di un femminicida. È un’indagine”. È così che l’attivista considera l’incontro con l’uomo. Ma è davvero così? Davvero “tutti gli uomini pensano come pensa un femminicida”?

Un sesso spesso “non riconosciuto”

La risposta la faremo dare ai motivi che hanno spinto a celebrare il 19 novembre, giornata internazionale dell’uomo. Promuovere modelli positivi per il ruolo maschile ispirandosi non solo a celebrità ma anche ad uomini comuni che si contraddistinguono per i loro valori; ricordare  il contributo positivo dato dagli uomini  alla società, alla comunità, alla famiglia, al matrimonio, all’infanzia e all’ambiente; promuovere i diritti riproduttivi, quali la possibilità di scelta se divenire padre o meno, (detta anche rinuncia legale alla paternità) ancora oggi non presi in considerazione anche dalla società occidentale; promuovere l’uguaglianza di genere  migliorando le relazioni tra sessi; migliorare la salute e il benessere degli uomini sotto i suoi diversi aspetti;  ricordare che gli uomini sono vittime di discriminazione in aree che riguardano i servizi sociali, le attitudini e le aspettative sociali e l’applicazione della legge;  combattere la piaga sempre più diffusa dei suicidi maschili. Sono questi gli obiettivi che si intendono perseguire celebrando la giornata internazionale dell’uomo, ogni 19 novembre. Un evento ideato dal professor Thomas Oaster, l’8 febbraio 1991, e celebrato l’anno seguente il 7 febbraio.

Una giornata non riconosciuta dall’Organizzazione delle Nazioni Unite e che non deve essere confusa con il Men’s World Day, che si celebra il 3 novembre, e neanche con la Festa degli uomini, che informalmente ricorre il 2 agosto.  Nonostante questo mancato riconoscimento, la giornata internazionale dell’uomo (o festa dell’uomo) resta comunque un evento internazionale celebrato annualmente il 19 novembre in vari Paesi. In Italia verrà celebrato dal 2013.I motivi nazionali riportati da alcuni organizzatori sono vari: necessità di migliorare l’aspettativa di vita dell’uomo (sensibilmente inferiore a quello della donna); seguire meglio gli studenti maschi, visto che hanno una maggior percentuale di abbandono scolastico; ridurre le violenze contro gli uomini; garantire ai padri il diritto di essere padri. Violenza sugli uomini, parole che sfiorano la blasfemia, soprattutto in una società dove la cultura imperante è quella transfemminista, che descrive il maschio bianco etero cis come il male assoluto della società, nonché come il principale nocumento dell’’universo in rosa.

Anche gli uomini sono vittime di violenze: i dati

Eppure, che piaccia o meno, la violenza sugli uomini esiste in ogni suo aspetto: da quello fisico a quello psicologico, da quello economico a quello giudiziario. Basti tenere in mente una serie di dati riportati da uno studio condotto dall’ Istituto Nazionale di Statistica (Istat) e il ministero della Salute. L’analisi, aggiornata al 2021, riporta l’evoluzione del fenomeno nel quinquennio 2017-2021, per quanto concerne gli accessi al pronto soccorso- Nel 2021, gli accessi al Ps per gli uomini sono più frequenti (3.197 uomini per un totale di 3.459 ricoveri) e il tasso raggiunge l’1,20 per 10.000 uomini, contro lo 0,39 del tasso femminile. Differiscono però le motivazioni della violenza: per le donne sono più frequenti rispetto agli uomini il maltrattamento e le violenze all’interno della coppia e della famiglia, per gli uomini sono più frequenti le lesioni inflitte da altre persone, analogamente a ciò che accade per gli omicidi: 303 (315 nel 2019, 286 nel 2020). Un report, questo, che concerne precisamente il periodo pandemico.

E, sempre per quanto concerne la violenza sugli uomini durante la pandemia, nel 2020, in Germania, si è verificato un vero e proprio incremento di violenza domestica commessa in danno degli uomini durante il lockdown. Secondo i dati alla mano del telefono verde antiviolenza dedicato all’universo maschile, “Hilfetelfon Gewalt an Männern” (“Violenze contro gli uomini”): nel 2020, sono state quasi 2mila le richieste di aiuto gestite dagli operatori del servizio che, fino a quel momento, aveva coperto solo due regioni del Paese, la Baviera e il Nord Reno-Westfalia. Per quanto concerne gli omicidi, secondo i dati Istat, nel 2021, in 184 casi le vittime sono stati uomini e in 119 sono state donne, con un calo degli omicidi di donne e un lieve aumento di quelli di uomini, che erano invece diminuiti nel 2020 (170). Un uomo però si può uccidere in vario modo, ricorrendo, ad esempio, alle false accuse, una piega sociale sempre più diffusa soprattutto a seguito di separazione. Un reato ad effetto boomerang, in quanto non solo colpisce l’uomo ma anche e soprattutto l’universo in rosa, reso infatti meno credibile in caso di reale denuncia di violenza presentata dalla donna. Si parla di circa due milioni di papà separati vittime di questa infamia.

Ma un uomo lo si può uccidere anche col cosiddetto omicidio di identità, ossia sfregiandolo come successo a William Pezzullo, Giuseppe Morante e Daniele Polacci. Un uomo si può uccidere anche togliendogli la dignità. Basti pensare ai casi di suicidio di uomini rimasti senza lavoro. I maschi si suicidano in maniera sproporzionatamente alta: dalle 4 alle 5 volte in più delle femmine e quasi la totalità dei suicidi maschili avviene per motivi economici. Ciò deriva da una pressione prettamente maschile che ha radici ben lontane nel tempo, ossia dove era compito dell’uomo dover mantenere la famiglia. Ecco perché, in caso di tracollo finanziario, la situazione per un uomo, comporta un rischio suicidario maggiore che per una donna. Ma un uomo può morire anche per lavoro e, anche qui, i dati maschili sono di gran lunga superiori di quelli femminili. Basti pensare che le denunce di infortunio delle lavoratrici italiane da gennaio a luglio 2023 sono state 121.095, quelle dei colleghi uomini 223. 802.Violenza fisica, psicologica, economica, giudiziaria ma anche problematiche che, sì, colpiscono principalmente le donne senza però mancare nell’universo maschile. Come, ad esempio, l’anoressia. In Italia solo il 10% delle persone che ricevono una diagnosi di questo disturbo alimentare appartiene al genere maschile. Le stime più recenti ci dicono che lo 0,5-1% della popolazione maschile soffre di anoressia o bulimia, con un trend in crescita e un’età di insorgenza sempre più bassa, degenerati con la pandemia. Ebbene sì, anche gli uomini subiscono violenza. Da sfatare un altro falso mito: quello che vede le donne come principali carnefici degli uomini. Infatti, la violenza su questi ultimi: dall’ omicidio alla violenza sessuale è in gran parte di mano maschile. Ebbene sì, cara Valeria Fonte e compagne, esistono anche gli uomini vittime di violenza.

Nemes Sicari

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