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Ustica: caro Amato, poteva risparmiarci questa buffonata

by Stelio Fergola
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ustica amato

Roma, 5 sett – Su Ustica Giuliano Amato ci prende addirittura in giro: prima sedicenti rivelazioni, poi il passo indietro. E no, non può farci piacere, per usare un eufemismo. Sarebbe anche il caso di piantarla di sparare a salve per poi mettersi al riparo.

Poteva anche risparmiarsela, caro Amato

In realtà, l’uscita dell’ex presidente del Consiglio potrebbe avere anche un senso futuro, visto che niente e nessuno potrebbe escludere l’apertura di una breccia sulla questione, per quanto improbabile possa essere. Nel frattempo però, la rabbia è il sentimento prevalente. Poteva stare anche zitto, caro Amato. Il “caro” è ovviamente una enorme concessione che le facciamo, vista la sua storia imbarazzante di politico e di rappresentante di questo Paese nei contesti internazionali, il suo curriculum di svendipatria, di liquidatore di buona parte della ricchezza industriale ed economica italiana. Insomma, di danni ne ha fatti fin troppi, avrebbe anche potuto evitare di mettere ancora il becco su una questione tanto sensibile come quella di Ustica, giocando con le sensibilità di famiglie che, quando sono state riportate le sue prime dichiarazioni, avranno logicamente generato sussulti, speranze disperate dopo decenni di nulla, dopo vite intere passate a inseguire fantasmi troppo vigliacchi per mostrarsi alla luce del sole. E invece niente, abbiamo scherzato. Non abbiamo elementi nuovi, dice lei. Mentre chi con la tragedia di Ustica ci convive da 40 anni muore dentro, per l’ennesima volta.

Cosa è accaduto?

Difficile se non impossibile dirlo. Bizzarro che un personaggio come Amato si esprima in modo completamente casuale. Il suo invito alla Francia a “chiedere scusa”, in ogni caso, era già imbarazzante prima della “mano nascosta dopo aver lanciato il sasso”, come si suol dire. Anche in quella sfumatura si è avvertita, in fondo, un’assoluta mancanza di rispetto per le vittime. I passeggeri dell’Itavia, insomma, varrebbero solo qualche scusa? Ovviamente, nessun folle potrebbe mai immaginarlo. Se mai la situazione dovesse mai vedere una luce (circostanza che, ahinoi, riteniamo decisamente improbabile), si dovrebbe parlare di riparazioni di guerra, altro che pubbliche ammende. Perché ciò che avvenne il 27 giugno 1980 fu un atto di guerra, senza troppi giri di parole. Guerra sui generis, involontaria, incidentale, si scelga pure l’aggettivo prediletto. Ma un atto ostile contro persone innocenti da risarcire nel più oneroso dei modi.

Stelio Fergola

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