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Epidemia di Xylella: l’Europa ammonisce l’Italia

by La Redazione
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epidemia xylellaRoma, 25 lug – Come già aveva annunciato lunedì il commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare Vytenis Povilas Andriukaitis, la Commissione Europea ha avviato una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia per i ritardi nell’attuazione delle misure di contenimento del batterio in conformità alla Decisione di esecuzione (UE) 2015/789.

Da quanto si legge infatti nell’ultimo documento stilato dalla commissione per il caso Xylella (UE) 2016/764 del 12 maggio 2016 “L’ultima  verifica effettuata dalla Commissione nel novembre 2015 ha inoltre confermato che le attività d’ispezione richieste dalla decisione di esecuzione (UE) 2015/789 sono state svolte solo in misura molto limitata nella zona circostante la provincia di Lecce. Essa ha altresì confermato che l’attuale programma di ispezioni continua a non garantire la tempestiva individuazione di nuovi focolai né l’accurata determinazione dell’effettiva misura della diffusione dell’organismo specificato nella zona presa in considerazione. “ L’estratto si riferisce all’individuazione in tempi recenti di nuovi focolai nelle province di Taranto e Brindisi. Il batterio continua a propagarsi e l’EPPO (European and Mediterranean Plant Protection Organization), forse la più importante organizzazione europea per la fitopatologia, fornisce una lista sempre più dettagliata delle “piante serbatoio”; esse sono tutte quelle specie (per lo più piante ornamentali e spontanee) in grado di ospitare l’agente eziologico [ batterio Xylella fastidiosa pauca ] responsabile del Complesso del disseccamento rapido dell’olivo (CoDiRO).

In poche parole piante non strettamente correlate a quelle utilizzate per la produzione agraria possono svolgere un importante quanto pericoloso ruolo nella diffusione. L’EFSA stessa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) ha dovuto ammettere che la legislazione fitosanitaria per evitare l’ingresso in Europa della Xylella è stata del tutto inefficiente. La Direttiva 2000/29/CE  impediva infatti l’ingresso di piante portatrici da paesi terzi considerando unicamente vite ed agrumi, e tralasciando le altre 298 specie ospiti a rischio. A tal proposito si ritiene con un grado di certezza piuttosto elevato che il patogeno sia arrivato dal Costa Rica dove tempo addietro era stato rintracciato il ceppo gemello dell’agente del CoDiRO nostrano; all’ipotesi mossa dall’Istituto di virologia vegetale del Cnr di Bari è seguita la notizia dello scorso ottobre della scoperta da parte del Servizio sanitario olandese di una partita di piante ornamentali di caffè infetta da Xylella proveniente da vivai costaricani. Una volta in Olanda le piante sarebbero poi state commercializzate in tutta Europa. Si ricorda che la sola Olanda, nel corso del 2012, risulta aver importato 6.000 lotti di piante dal Costa Rica per un totale di 43,6 milioni di piante.

Dal 1981 il batterio è stato classificato dall’EPPO come patogeno da quarantena ovvero un patogeno la cui individuazione all’interno di una pianta, accertata dal servizio fitosanitario regionale, deve avere come conseguenza l’espianto e la distruzione della pianta ospite stessa. La ragione di questo metodo così drastico è dovuta al fatto che ad oggi non esistono cure significative in grado di sanare le piante infette da Xylella; risulta così ragionevole adottare tutte le misure necessarie (ivi compresa, l’espianto) per prevenire la diffusione e l’insediamento, limitando il danno alla perdita di pochi esemplari. Si ritiene oltretutto che l’eradicazione stessa rappresenti soltanto un metodo per contenere piuttosto che per eradicare il batterio definitivamente. La Commissione Europea, considerando i pareri scientifici forniti dall’EFSA (la quale a sua volta si è avvalsa di associazioni come l’EPPO) chiede dunque all’Italia di adottare tutte le misure necessarie per contenere il patogeno. Oltre all’eradicazione nei focolai, l’istituzione di zone cuscinetto e l’indicazione di aumentare i monitoraggi, l’Europa ha normato pesantemente la vendita delle barbatelle pugliesi in Italia ed in Europa, inducendo Algeria e Francia a mettere un embargo lo scorso anno. I vivai pugliesi hanno registrato una perdita pari al 70%.

Il problema c’è, esiste e deve essere trattato con la massima cautela e perizia. La linea di ferro della Commissione Europea non è senza ragioni. D’altro canto le parole di Donato Boscia, dell’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante e responsabile UOS di Bari, meritano di essere considerate attentamente: “L’argomento è serio e grave, ogni problema grave per avere una chance di essere superato deve essere affrontato con la testa e non certo con la pancia; purtroppo il vedere affrontare l’argomento con toni demagogici, populisti o, peggio ancora, negazionisti fa essere molto pessimisti sull’evoluzione della faccenda. Ma tralasciamo lo squallore di questo capitolo e cerchiamo invece di vedere razionalmente la cosa. L’EFSA ha giudicato la legislazione fitosanitaria in vigore (Direttiva 2000/29/CE) inefficace a prevenire l’introduzione in Europa di Xylella, poichè ha chiuso la porta (divieto di importazione da paesi terzi) a due portatori, vite ed agrumi, ma ha lasciato altre 298 porte aperte, consentendo l’importazione di altrettante specie ospiti a rischio. Pertanto l’EFSA, indirettamente, considera il Salento vittima dell’inefficacia della legislazione europea. Paradossalmente però cosa fa la UE alla vittima? Applica la pena che si dà al colpevole, ossia pretende misure draconiane quali il controllo dei vettori e l’abbattimento di piante infette, ma invece di compensare il “contoterzista”, ossia il salentino, per i sacrifici da farsi per salvaguardare non il Salento, ormai gravemente ferito, ma il resto dell’Europa, pretende che lo faccia a spese sue. Non sono esperto di giurisprudenza, ma a naso mi sembra di capire che c’è qualcosa che non va”.

Federico Guerrini

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