Roma, 20 mag – Tre coppe europee, tre finaliste provenienti dallo Stivale. No, non siamo tornati a cavallo dei ruggenti anni ‘80 e ‘90, quando in sei anni ci siamo ritrovati in questa invidiabile condizione per ben quattro volte. Terra d’Europa, anno domini 2023. E’ qui e ora la nostra impresa, che va completata affinché si possa parlare di capolavoro. Accontentarsi? Domanda retorica: adesso puntare alle stelle rimane l’unica via percorribile. Difficile, difficilissimo è vero. In ogni caso, benvenuti al gran finale delle italiane.
Coppe europee: Inter, vittima sacrificale o storica impresa?
Partiamo dal trofeo più ambito. Che il momento di tornare a pensare in grande fosse (finalmente) arrivato lo avevamo anticipato a metà marzo, il giorno stesso del sorteggio. La certezza che – a distanza di sei anni dall’ultima volta – ci saremmo nuovamente presentati all’ultimo atto l’abbiamo invece avuta esattamente un mese fa. Ossia mentre l’Inter pareggiava agevolmente in casa contro un Benfica già regolato all’andata. La sera prima i cugini del Milan avevano impattato a Napoli: la stracittadina in formato continentale ha poi definitivamente illuminato di nerazzurro la capitale d’Europa. Sarà la ventottesima finale per un’italiana, sesto appuntamento con la storia per la compagine di Barella e soci.
In mezzo c’è un “però” grande come il Manchester City. Quindi miglior attacco e difesa meno perforata contro chi nella fase ad eliminazione diretta non è mai passato in svantaggio, potenza economica per antonomasia di fronte all’undici dei parametri zero e delle occasioni di mercato. Sulla carta, visti i valori e le premesse, non ci sarebbe partita. Ma si sa, il pallone è rotondo e – al di là di ogni retorica – in novanta minuti può succedere di tutto. Sconsigliamo quindi agli inglesi di sottovalutare uno zoccolo duro che si è dimostrato nei fatti particolarmente legato alla causa. E che non ha nessuna intenzione di trasformarsi in vittima sacrificale. Compattezza, fame e attitudine al sacrificio hanno contraddistinto il cammino interista: scontato dire che, ancora una volta, serviranno tutte e tre insieme.
Orgoglio e identità. Roma, ancora tu
Scendiamo in Europa League. Dove la Roma ha centrato la seconda finale continentale consecutiva. Dopo il trionfo in Conference della passata stagione i giallorossi andranno a giocarsela contro il Siviglia, specialista della competizione. Sì, perché gli andalusi comandano l’albo d’oro con sei affermazioni (su altrettante finali giocate, tutte dal 2006 in avanti). Come ben sappiamo, i rojiblancos hanno appena eliminato la Juventus, colpendola letalmente con due vecchie conoscenze del nostro calcio: Suso e Lamela. Dal canto loro i capitolini, falcidiati da infortuni e – per quanto riguarda la Serie A – in serie negativa dalla fine di aprile, si sono stretti attorno al loro condottiero. Quel José Mourinho che qualcuno continua a dare per bollito ma nei fatti risulta essere il primo artefice dell’ennesima conquista giallorossa. Ascoltare, per credere, le parole di capitan Pellegrini: “è merito suo”, riferito ovviamente all’uomo di Setubal. Orgoglio e identità: la squadra sa soffrire e – piccolo particolare – sa vincere. Lo abbiamo visto a Leverkusen, lo ha provato sulla propria pelle il Feyenoord dodici mesi fa.
A volte ritornano: rimonta viola e Fiorentina in finale di Conference
Di testa, di piede, all’ultimo respiro. Ci ha messo davvero tutta se stessa la Fiorentina per prendersi l’ultimo atto di Conference e – a trentatre anni di distanza – tornare a giocarsi un trofeo fuori dall’arco alpino. Prima e finora unica squadra d’Europa ad essere arrivata in fondo in tutte le maggiori competizioni (prima di oggi Coppa dei Campioni, Uefa e Coppa delle Coppe), la rimonta sul Basilea arriva dopo una bella e combattuta gara in terra svizzera. Poco hanno potuto gli elvetici se non segnare il punto del momentaneo pareggio che avrebbe potuto tagliare le gambe a capitan Biraghi e compagni. Al contrario la Viola con grande dimostrazione di volontà ha spinto più forte di prima: se la contesa si è protratta fino agli sgoccioli dei supplementari gran parte del merito va al portiere avversario Hitz. Ora tocca al West Ham. Gli inglesi, da tempo favoriti per la vittoria finale, vivacchiano però nei bassifondi della Premier League. Come a dire che i toscani d’esportazione non possono e non devono avere paura alcuna dei colleghi di Scamacca (il centravanti azzurro non ci sarà, causa infortunio).
Considerando nel loro insieme quanto fatto da Inter, Roma e Fiorentina più di un addetto ai lavori ha già parlato di evento eccezionale. Etimologicamente un qualcosa lontano da ciò che è solito (o almeno dovrebbe esserlo). Perdureranno al contrario questi “tempi migliori”? Un passo alla volta. Nel frattempo su Istanbul, Budapest e Praga soffia già un fresco vento d’italianità.
Marco Battistini
3 comments
Mi dispiace per chi, come anche il sottoscritto, ha trovato nel football una valvola di sfogo lieve e rapportata, ma oggi l’ incanto è finito… di palle, di tutti i generi e tipi, non ne possiamo più.
Riprenderemo a giocare, simpaticamente, a gerarchie di valori ripristinate per una pace costruttiva e non devastante.
Io sono molto Andreottiano e quindi seguo il suo detto “a pensare male si commette peccato ma spesso ci si indovina”.
Nel 1982 vincemmo i mondiali e lo stesso anno fu tolto l’obbligo alla banca d’Italia, con una semplice circolare di Andreatta,di creare a costo zero il denaro e di acquistare tutti i titolo del tesoro che non venivano sottoscritti dagli italiani.Fummo buttati cosi’ a elemosinare denaro privato sui mercati esteri dominati dalla finanza usuraia con un aumento notevole del costo del debito pubblico.Fu’ l’inizio dello smantellamento dello stato italiano e nel 1992 la banca d’italia insieme a industrie e banche pubbliche furono privatizzate.
Non vorrei che ora con la droga del calcio e gli italiani tutti contenti del pallone, ci riservino altre sorprese ancora peggiori dei veleni genici ad elevata mortalità e dei domiciliari ad una intera nazione.
Speriamo che anche i napoletani possano comprenderti ed andare oltre il seppur nobile ciuccio… Non si sa mai.