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L’allarme dei cardiologi: “Pazienti con infarto arrivano ancora in ritardo in ospedale”

by Cristina Gauri
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Roma, 4 feb – Ad un anno dall’inizio della pandemia una fetta consistente di pazienti con infarto in corso arriva ancora tardi all’ospedale. Questo perché ritiene che «alcuni sintomi siano riferibili al Sars-CoV-2. Ma non è così e pochi minuti possono fare la differenza». E’ l’allarme lanciato dal cardiologo Francesco Romeo, presidente della Fondazione italiana cuore e circolazione Onlus. Intervistato da Adnkronos Salute, ha fatto il punto sugli effetti dell’emergenza sanitaria sui pazienti con patologie cardiovascolari.

I sintomi dell’infarto confusi con il Covid: e i pazienti non vanno all’ospedale

Quanto denunciato da Romeo accade perché si confonde «la difficoltà respiratoria che ci può essere in un infarto come un sintomo di positività e si decide di non andare all’ospedale», spesso per paura. «Un fenomeno ancora molto presente in tanti ospedali italiani anche in questa seconda fase della pandemia», precisa il medico.

Rimandati un terzo degli interventi al cuore

«Dall’inizio dell’emergenza – continua Romeo, già direttore della Cardiologia del Policlinico Tor Vergata di Roma – sono stati rimandati il 30% degli interventi al cuore, soprattutto quelli di cardiologia interventistica. Dobbiamo essere chiari», ribadisce l’esperto: «Se ci sono un dolore toracico, la dispnea acuta o l’astenia, le palpitazioni, questi sono equivalenti ischemici e occorre chiamare il 118 o un medico». Romeo denuncia la situazione di alcuni ospedali nei quali, sempre causa Covid, si stanno  «penalizzando gli interventi con la Tavi (l’impianto valvolare aortico transcatetere). E’ quindi il caso di riattivare le attività per rispondere ai bisogni dei tanti pazienti anziani cardiopatici che attendono un intervento».

Appelli inascoltati

Un quadro che si aggiunge a quanto denunciato a ottobre dallo stesso Romeo. «Stanno crollando i ricoveri di elezione per malattie cardiovascolari. Significa che stiamo perdendo il 50% di quei pazienti che ci segnalano una sintomatologia non acuta, non da infarto in atto, ma che avremmo potuto ospedalizzare intercettando una sindrome coronarica a rischio di morte improvvisa», aveva dichiarato Romeo.

Cristina Gauri

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