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Arezzo, anche lo scapaccione diventa un crimine

by Eugenio Palazzini
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735883_369555_resize_253Arezzo, 22 ott – Condannato a un mese di carcere per una sberla al figlio di sei anni. Una sentenza “un po’ originale” pronunciata dal tribunale di Arezzo nei confronti di un padre giudicato colpevole di aver “abusato dei mezzi di correzione”.

Una storia che risale al 2009 quando la madre del bambino rientrando a casa aveva notato la guancia rossa del figlio. Il cinquantenne, residente in provincia di Arezzo, aveva dato uno schiaffo al bambino perché non voleva leggere, niente di più, nessuna violenza reiterata. Una sberla però costata cara al genitore visto che la donna ha deciso di denunciare il marito, da cui poi ha ottenuto il divorzio e un risarcimento in quanto parte civile. Secondo la madre a causa dello schiaffo il figlio, turbato, si sarebbe rifiutato di andare a scuola per giorni.

La pedagogia “crudele” dei ceffoni a scuola da parte del maestro è stata sostituita da tempo con la pedagogia “buona” del rimprovero verbale. La sentenza del tribunale di Arezzo segna però un precedente significativo: un genitore può affidare l’educazione del figlio alla badante, tenerlo per ore di fronte alla televisione, vietargli di frequentare “amicizie sbagliate”, costringerlo a diete macrobiotiche, imbottirlo di merendine. Ma non può in nessun caso ricorrere allo schiaffo.

Eppure, nonostante le sentenze dei tribunali, ancora gli esperti si interrogano su quali siano i metodi educativi migliori in una società sempre più anestetizzata. Per Fulvio Scaparro, psicoterapeuta e fondatore del Gea (Associazione genitori ancora), i figli possono «ubbidire per paura e questo è sbagliato. Ma se li terrorizzate dicendo “te la vedrai con tuo padre” e poi il padre non conta nulla, è peggio».

Eugenio Palazzini

 

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