Torino, 9 gen – Mater semper certa est, ma di questa tempi, si sa, le certezze vacillano in ogni ambito. Basti pensare a quanto avvenuto a Torino, dove il Comune è chiamato a decidere se trascrivere l’atto di nascita del bambino nato in Spagna da due donne gay grazie alla fecondazione eterologa.
Per i registri dell’anagrafe dovrebbe diventare “figlio di madre A e B”. Il tutto facendo seguito alla sentenza della Corte d’Appello di Torino che, per la prima volta in Italia, ha accolto la loro richiesta e ordinato all’ufficiale di stato civile del Comune di trascrivere la nascita del bambino come figlio di entrambe le mamme.
Gli uffici del Comune, tuttavia, ci vanno coi piedi di piombo: l’atto di nascita del bambino nato in Spagna non verrà trascritto, almeno per il momento. La decisione è stata presa dopo un colloquio telefonico tra i Servici Civici e la Prefettura di Torino, a cui viene inviata copia della sentenza della Corte d’Appello per avere un parere sulla vicenda da parte del ministero degli Interni.
Le due donne si erano sposate in Spagna nel 2009. L’una donò gli ovuli per il concepimento, l’altra portò avanti gravidanza e parto. Il bimbo è nato nel 2011, poi nel 2014 le due donne si sono separate, scegliendo la condivisione della responsabilità genitoriale.
Quando una delle due “madri” ha chiesto di iscrivere il nome del piccolo all’anagrafe di Torino, tuttavia, si è vista opporre un netto rifiuto. Da qui il ricorso alle carte bollate sfociato nel decreto della Corte d’Appello. Motivato con la necessità di “garantire la copertura giuridica ad una situazione di fatto in essere da anni, nell’esclusivo interesse del bambino cresciuto da due donne che la legge spagnola riconosce entrambe come madri”.
“In una situazione di emergenza – ha sottolineato una delle due mamme – non potrei nemmeno autorizzare una trasfusione. Poi ci sono questioni di eredità, perché il bimbo non ha alcun vincolo legale con i suoi famigliari italiani”.
Il copione, insomma, è sempre lo stesso: si va all’estero a compiere un’azione illegale in Italia. Quando poi si torna qui, si scontano gli inevitabili disagi. Esattamente come quelli che patirebbe chi volesse andarsi a sposare con tre mogli in un paese che ammette la poligamia e poi pretendere di tornare in Italia e fare di testa propria agitando lo spettro del “vuoto normativo”. Ma in Italia non c’è alcun vuoto normativo, c’è una norma che dice cose ben precise e che si vorrebbe bypassare ricorrendo ai tribunali. E così il Parlamento sovrano va a farsi benedire, appaltando il suo ruolo di legislatore ai tribunali.
E tutto questo in nome del “benessere del bambino”. Quello figlio di “Madre A” e “Madre B”.
Giorgio Nigra