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Emergenza coronavirus: così cercano (di nuovo) di mettere le mani sui bambini

by La Redazione
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Roma, 11 apr – Il capo del programma di emergenze sanitarie dell’Oms, il dottor Michael Ryan, qualche giorno fa ha dichiarato che per rispondere alla diffusione del coronavirus le autorità dovrebbero poter entrare all’interno delle abitazioni e rimuovere alcuni membri delle famiglie. L’obiettivo sarebbe quello di isolare i “positivi”, arrivando alla necessità di separarli (in modo dignitoso, ha precisato) dal contesto familiare. Anche allontanando i figli. Ryan ha spiegato che la quarantena che ci costringe da settimane a rimanere asserragliati ha rese le case insicure.

Bambini nel mirino

Una settimana fa, un gruppo di associazioni private aderenti a Cismai (Coordinamento italiano dei servizi contro il maltrattamento e l’abuso nell’Infanzia) ha avanzato la richiesta di un decreto d’urgenza per “mettere in sicurezza” tutti i bambini italiani che hanno necessità di protezione. Il blocco delle attività imposto per limitare la diffusione del coronavirus e la conseguente perdita di contratti e lavoro, rischia di gettare molte famiglie in uno stato di indigenza. Per dare quindi una mano a quei genitori si propone di agevolare l’allontanamento dei figli attraverso l’articolo 403 del Codice Civile, che prevede proprio l’intervento della pubblica autorità a favore dei minori.
In un articolo pubblicato su Il Riformista, si legge che il ministro alle Pari opportunità e alla Famiglia, Elena Bonetti, valuta che il 40% dei bambini italiani non ha a disposizione i necessari spazi abitativi, vive in ambienti sovraffollati e non ha accesso all’utilizzo di computer ed a connessioni. Secondo la testata giornalistica non avrebbe cioè accesso al futuro.
A Milano un pool composto da Fondazioni, Onlus e gruppi religiosi, è riuscito a trovare i fondi per trasformare un ex albergo in un centro di accoglienza per bambini rimasti senza un adulto colpito da Coronavirus: 15 stanzette singole per minori da 6 a 14 anni. Non sono i nonni, gli zii, il parentado fino al quarto grado, come prevede la norma che regola gli allontanamenti, ad occuparsi dei ragazzini, ci penseranno dei “volontari a distanza” (insegnanti, giocolieri, prestigiatori, cantastorie) o personale, da pagare con donazione attraverso il bonifico sul c/corrente dedicato.
E’ di pochissime ore fa la nota lanciata dall’Istituto superiore di sanità di un possibile sintomo di coronavirus riscontrato un soggetti in età pediatrica: si tratterebbe di geloni segnalati da medici in bambini e ragazzi, per lo più asintomatici, alcuni, parrebbe, con positività familiare al Covid-19, spesso dopo una sindrome parainfluenzale. Secondo gli esperti, se queste lesioni dovessero essere correlate all’epidemia, sarebbero da considerare manifestazioni di notevole valore clinico della stessa infezione. Per questo, i ricercatori hanno chiesto al presidente Silvio Brusaferro di elevare l’attenzione su questo importantissimo ambito.

Vogliono riprendere gli allontanamenti dopo Bibbiano?

Diceva Agatha Christie: “Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, tre indizi fanno una prova”. La sensazione è che intorno ai bambini continua ad esserci una morbosa attenzione e il virus è una nuova occasione per tornare ad occupare lo spazio lasciato, momentaneamente, libero dopo lo scandalo Bibbiano. L’Italia, il Paese delle “Case Famiglia” con già troppi figli fuori dalle loro case d’origine, non dovrebbe impegnarsi a riportarne gli almeno 30mila (impossibile dare una cifra mancando completamente un censimento) dai loro genitori biologici?
Sono tanti gli appelli lanciati da vari gruppi – tra cui forze dell’ordine, enti, Croce Rossa Italiana – per avvisare la cittadinanza a non aprire le porte di casa a persone estranee che dichiarano di essere state autorizzate di effettuare test, sopralluoghi o tamponi per la rilevazione di contagio di coronavirus a domicilio: una sana prevenzione per evitare truffe e tutti i tipi di rapine, anche di bambini, per questioni di precauzione sanitaria.
Se vi suonano alla porta ecco un breve vademecum a tutela di eventuali abusi.
Siamo della ASL, vorremmo effettuare tamponi al nucleo familiare.
“Mi dispiace, non possiamo farla entrare. I minori sono in casa da un mese e non vedono neanche i nonni”.
Guardi è la Regione che ha stabilito che si debbano fare controlli nelle case per censire la situazione.
“Mi dispiace, vale il principio di precauzione. Siamo i genitori e quindi siamo responsabili della salute dei nostri bambini”.
Ma noi vogliamo vedere se voi siete positivi.
Nessuno di noi esce e ci facciamo consegnare la spesa a domicilio dai corrieri. State tranquilli”.
Ma si tratta solo di un tampone estemporaneo, lo eseguiamo ai soli adulti.
Ovvio, per il minore avete bisogno del nostro consenso e la nostra firma. Ma anche per farlo a noi”.
Allora lei mi deve compilare un modulo e mi deve dire che rifiuta a noi l’ingresso e il prelievo.
No guardi, non le devo firmare nulla. Lei mi propone un esame che non accetto, non ho sintomi e il tempo di incubazione è oramai superato da oltre un mese”.
Ma noi dobbiamo riferire che lei ha rifiutato il tampone.
“No, io non ho rifiutato il tampone, io rifiuto di mettere a rischio di esposizione i miei figli, facendovi entrare, dato che girate di casa in casa per chiedere alla gente di fare il tampone”.
Ma noi ci cambiamo i monouso ogni volta che entriamo in un casa.
“Io vi credo, ma siete comunque degli estranei e si è saputo quanti medici e sanitari sono infetti e quanti ne sono morti. Non avevate i monouso, lo hanno detto i notiziari”.
Chi mi garantisce che non siate infettiMi costringe a chiamare la forza pubblica. “Ma lei ha un mandato per entrare a casa mia?” No, che c’entra…non ce l’abbiamo …ma la cosa è su base volontaria.
Ecco, allora, finita l’emergenza e la quarantena, sarò io padre (o madre) a curarmi di fare prelievi ed analisi anticorpali a noi e ai nostri figli, per verificare se siamo immuni al Covid ed abbiamo sviluppato i necessari anticorpi. La ringrazio ma abbiamo il nostro pediatra di fiducia… (tal dei tali) e i nostri figli sono seguiti solo da lui, per questione di fiducia. In ogni caso, lei lo sa che per entrare a casa mia deve avere un mandato preciso firmato da un giudice, il quale riporti un preciso capo di imputazione per crimini commessi? Lo sa che sta compiendo un reato grave, operando in questo modo? Mi favorisca le sue generalità, il suo ruolo completo di qualifica di pubblico ufficiale e l’eventuale mandato che le è stato conferito da un magistrato. E’ mio diritto sapere chi chiede di entrare in casa mia ad operare esami diagnostici a domicilio, oltre a quello di essere previamente informato delle motivazioni che originano questa vostra inedita richiesta. Io non vi ho chiamati”.
Ma noi dobbiamo fare prelievi a campione.
“Ma dovete sempre ottenere il mio consenso previo. Non potete pretenderli e io non ho violato nessuna Legge”.
Antonietta Gianola

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2 comments

Sergio Pacillo 11 Aprile 2020 - 1:30

Piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli, meglio sarebbe mettergli una macina al collo……

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