Milo, 16 set – Si sono sfilati la fascia tricolore in segno di protesta i sindaci dei Comuni di Giarre, Milo, Sant’Alfio, Santa Venerina e Zafferana Etnea – una comunità che conta oltre 40mila abitanti – per annunciare il proprio reale rischio di fallimento a causa delle ingenti spese per la raccolta e lo smaltimento della cenere vulcanica dell’Etna che dal febbraio 2021 cade quasi ad ogni parossismo del vulcano (circa 50 episodi sino ad oggi). “Siamo pronti a incatenarci al portone della Prefettura di Catania se non avremo risposte”, dicono i sindaci.
Etna, emergenza cenere: le richieste dei sindaci
Hanno convocato la stampa per chiedere a gran voce intanto il riconoscimento dello status di “Comuni vulcanici” e a Stato e Regione l’immediata immissione nelle casse comunali di aiuti economici oltre a prevedere legge ristori e agevolazioni fiscali per amministrazioni, imprese private e cittadini vessati e impoveriti da questo eccezionale fenomeno che ha caratterizzato l’anno in corso. E’, infatti, diventata una costante.
Ad ogni evento parossistico il vulcano più grande d’Europa, a secondo dei venti, riversa sulle sue pendici, e sino ai paesi bagnati dallo Jonio, cenere vulcanica a chili (con un accumulo di sabbia pari a 10 kg al metro quadro). La conta dei danni e dell’ingente spesa per la raccolta e lo smaltimento della sabbia nera è divenuta ormai insostenibile per tutti i Comuni etnei – 25 quelli coinvolti complessivamente – considerata la frequenza e l’entità.
“Non è un fenomeno sporadico”
“Non si tratta di un fenomeno sporadico, questi ‘episodi’ sono sempre più frequenti e non possono essere gestiti come occasionale emergenza”, aveva dichiarato già qualche settimana fa il presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci. “E’ necessario che la Protezione civile nazionale ed il governo di Roma facciano un ulteriore sforzo finanziario e intervengano su Bruxelles affinché l’Unione europea riconosca finalmente questo fenomeno come calamità nazionale e autorizzi un Piano che ci consenta di dare risposte immediate e congrue a sindaci e cittadini, ancora oggi costretti da sette mesi ad affrontare una emergenza che è diventata routinaria”, precisava Musumeci.
A luglio scorso furono stanziati dal Dipartimento nazionale di Protezione Civile 5 milioni di euro dopo che in marzo, sempre il presidente della Regione Sicilia aveva inoltrato un’apposita richiesta a Roma, e dopo aver fronteggiato le primissime spese con la risorsa disposta dalla Protezione civile regionale. Come noto i fenomeni sono tutt’altro che attenuati e così ecco partire un nuovo appello, e questa volta con la speranza che anche Bruxelles si faccia carico di questa calamità naturale.
Emanuela Volcan
2 comments
Perdonate, oserei dire che questo materiale può essere valuto come fertilizzante, come chelante od altro.
Non si perdano d’ animo e ci studino sopra con qualche libero competente. Dando un calcio a tutte le procedure legali odierne, castranti. Svegliarsi ancora una volta prima di morire…
la sicilia è regione autonoma da prima di matusalemme,
e saranno almeno cinquant’anni che non versano una lira allo stato italiano.
si arrangino,no?
tanto più che NON si tratta di una emergenza reale,con distruzione,morti,feriti e sfollati su vasti territori:
si tratta di GESTIONE DEL TERRITORIO.
territorio che ricordo,ha in sicilia (da dati del 2019) circa il 26% di disoccupati,
e OGGI quasi 540mila persone che prendono il reddito di cittadinanza.
quindi per dirla delicatamente…
che diavolo vogliono questi?
si arrangino per i costi di gestione togliendoli a quella masnada di politici strapagati e nullafacenti che hanno,
e facciano lavorare disoccupati e percettori del RDC
per ripulirsi il loro territorio:
SE VOGLIONO RESTARE REGIONE AUTONOMA.
differentemente rientrino sotto lo stato italiano con pari diritti e DOVERI,delle altre regioni,
compresi quelli impositivi e organizzativi:
troppo comodo far quel che gli pare e scaricarne i costi sugli altri….