Home » Allarme farmaci introvabili in Italia: ecco il frutto di delocalizzazioni e speculazioni

Allarme farmaci introvabili in Italia: ecco il frutto di delocalizzazioni e speculazioni

by Alessandro Della Guglia
1 commento
medicinali introvabili, farmaci

Roma, 11 gen – Oltre 3mila farmaci introvabili in Italia. Da iniziale grido di allarme a vera e propria emergenza che rischia di trasformarsi in un dramma sanitario. Perché se la carenza di medicinali è stata evidenziata ormai da diverse settimane, negli ultimi giorni è esplosa. L’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, nel suo annuale elenco di farmaci difficili da reperire, al 3 gennaio ne elencava 3.198 in tutto. Un novero sconvolgente se consideriamo che nella lista compaiono anche quelli più comuni e usati: si va dal Moment alla Tachipirina, passando Nurofen, Efferalgan, Tachifludec, Neoborocillina e Amoxicillina. Ma è pressoché introvabile pure l’ibuprofene, così come alcuni fluidificanti per l’aerosol. Va detto, per correttezza e per evitare di generare il panico, che in buona parte dei casi menzionati il farmaco carente può essere sostituito con l’equivalente (altrimenti noto come generico) e quando possibile le farmacie sopperiscono alle mancanze con preparati galenici. Tuttavia resta il problema della grave carenza. Vediamo allora le cause principali.

Farmaci introvabili, le cause

Secondo Marco Cossolo, presidente di Federfarma, dietro alla carenza di molti farmaci, “c’è un aumento dei consumi legato da una parte al diffondersi di un’influenza con sintomatologia più pesante rispetto al passato e dall’altra anche al Covid, che nel 90% dei casi viene curato tra le mura domestiche con anti-infiammatori”. Ma a influire, e non poco, è pure la situazione internazionale. “Innanzitutto, la delocalizzazione di alcuni farmaci in Cina e in India ha reso più problematica l’importazione – dice Cossolo al Corriere della Sera -, perché sono Paesi al momento in pieno lockdown e questo rallenta la produzione”.

E ancora: incidono molto anche la crisi energetica, il problema di reperimento delle materie prime (su tutte plastica, vetro e alluminio per il packaging) e il rialzo dei prezzi. “Basti pensare all’aumento del carburante: i camion non partono per consegnare la merce se non sono pieni”. Un quadro reso ancora più problematico dal blocco della produzione di alcuni farmaci da parte delle cause farmaceutiche. Esempio emblematico: l’ormai nota Pfizer non produce più lo Zimox, uno degli antibiotici più venduti.

Crisi internazionale, delocalizzazioni in Paesi asiatici e incognita prezzi sono comunque le principali cause della carenza di medicinali. Vedere alla voce speculazioni selvagge. “Nonostante siamo un Paese che produce molti farmaci, siamo tra i primi esportatori in Europa, i principi attivi li importiamo prevalentemente dai Paesi dell’Est come India e Cina“, fa notare Silvestro Scotti, segretario generale nazionale della Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg), intervistato da Today. A tutto questo si aggiunga il grosso problema della distribuzione: prima avevamo 21-22 magazzini regionali, adesso una media di appena 6.

Leggi anche: I nostri farmaci? Sono (quasi) tutti nelle mani della Cina

Il payback e la proroga del governo

Alla carenza di farmaci si unisce il problema della distribuzione dei dispositivi medici (si va dalle strumentazioni per tac e risonanze, a garze e siringhe). Ieri a Roma decine di rappresentanti delle aziende biomedicali italiane hanno manifestato per chiedere l’abolizione del cosiddetto “payback”. Introdotto negli scorsi anni, il meccanismo prevedeva il pagamento di 2,2 miliardi di euro da parte delle aziende entro gennaio per compensare lo sforamento dei tetti dalle Regioni. Il payback “mette a rischio migliaia di posti di lavoro e anche la salute stessa dei cittadini, che non potranno più vedersi garantiti i dispositivi medici ospedalieri di ultima generazione se le aziende saranno costrette a a fare i conti con tale contesto di crisi”, dice Fernanda Gellona, direttore generale di Confindustria dispositivi medici. Nella tarda serata di ieri, il governo ha di fatto “congelato” la stangata alle imprese produttrici di dispositivi medici, approvando una proroga al 30 aprile dei pagamenti. Boccata d’ossigeno, ma serve di più.

Alessandro Della Guglia

You may also like

1 commento

fabio crociato 11 Gennaio 2023 - 12:14

Il payback nel medicale, di fatto una mostruosità concettuale, è però la prova-provata di una partnership privato-pubblico scellerata nei riguardi del cliente ultimo, il paziente, troppo paziente. L’ hanno spremuto come un limone, minandone spesso pure la salute generale favorendo quindi profitti esponenziali, a mio avviso ben oltre il lecito. Si pensi agli interventi chirurgici a tutto spiano sino alle controindicazioni dei farmaci… da riequilibrare (sempre profittevolmente, ovvero payback del paziente!).

Reply

Commenta

Redazione

Chi Siamo

Il Primato Nazionale plurisettimanale online indipendente;

Newsletter

Iscriviti alla newsletter



© Copyright 2023 Il Primato Nazionale – Tutti i diritti riservati