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Fece morire la bimba di stenti, negata perizia psichiatrica ad Alessia Pifferi: sarà processata

by Cristina Gauri
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alessia pifferi

Milano, 8 mag — Alessia Pifferi verrà processata per aver fatto morire di stenti la figlia Diana, di nemmeno un anno e mezzo, abbandonandola per sei giorni nel luglio dello scorso anno: lo ha stabilito la Corte d’Assise di Milano rigettando la richiesta della difesa di una perizia psichiatrica sulla «capacità di stare in giudizio» dell’imputata.

Anche i pm Francesco De Tommasi e Rosaria Stagnaro si erano associati nel chiedere il rigetto dell’istanza, sostenendo che la donna ha sempre dimostrato di essere pienamente «lucida e consapevole». A processo iniziato la difesa potrà chiedere una perizia sulla capacità di intendere e volere al momento dei fatti.

Alessia Pifferi, rigettata richiesta di perizia psichiatrica

Il presidente della Corte Ilio Mannucci Pacini ha reso noto che dalla valutazione redatta dalla psichiatra del carcere San Vittore, unico «atto medico prodotto dalla difesa», non emerge alcun elemento «che possa far dubitare della piena capacità di Pifferi di partecipare al processo come evidentemente accaduto fino all’odierna udienza, senza che mai fosse stata prospettata tale incapacità». L’unico elemento emerso nella relazione «è un ipotetico e possibile deficit cognitivo che neanche se fosse accertato potrebbe costituire elemento atto ad escludere la capacità di stare nel processo» di Pifferi.

La zia: “Non ha mai chiesto scusa”

La zia della piccola Diana, Viviana Pifferi, è parte civile nel processo contro la sorella Alessia. «Non ha mai chiesto scusa», ha spiegato ai cronisti, «nemmeno nelle lettere che ha inviato a me e a mia madre, e non le risponderò mai fino a che non chiederà almeno scusa, io sono contro mia sorella ed è la parte giusta, perché quella che è morta è mia nipote». Viviana Pifferi, che lunedì mattina in aula indossava una maglia con la foto della bimba, ritiene sia «stato giusto non concedere la perizia. Per una settimana l’ha abbandonata, non può essere stato un raptus di dieci minuti», ha spiegato. «Io non la so più definire mia sorella, se quella è ancora mia sorella», ha concluso.

Morte atroce

Alessia Pifferi aveva lasciato la bimba Diana, di soli 18 mesi, incustodita e priva di cure e assistenza per sette giorni, per poter raggiungere il proprio compagno, residente in provincia di Bergamo. La donna avrebbe abbandonato la piccola in un lettino da campeggio con un biberon di latte, dopo averle cambiato il pannolino. Diana era morta di fame e sete, sigillata in casa nel caldo torrido, in un’agonia durata la settimana dal 14 al 20 luglio. Dai racconti dell’accusata erano emersi altri particolari agghiaccianti: Diana era stata partorita in bagno dalla madre che non sapeva nemmeno di essere incinta fino a poco tempo prima del travaglio. Senza padre, era costretta a dormire nel passeggino.

Non era nemmeno stata battezzata: la madre aveva organizzato un festa per il suo battesimo, che non avvenne mai. Alessia Pifferi l’aveva utilizzata come pretesto per scroccare regali ad amici e conoscenti. La bimba era uno strumento per muovere a compassione parenti e vicini di casa.

Cristina Gauri

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