Roma, 17 ott – Green Hill è un nome che tutti hanno sentito nominare almeno una volta nel corso degli ultimi anni. Per chi non lo sapesse si trattava del più grande allevamento di beagle destinati alla vivisezione in italia. Nato nel 2011 e situato a Montichiari (Brescia) è stato posto sotto sequestro un anno fa, liberando quindi 2683 cani che sarebbero altrimenti diventati oggetto di “ricerca” medica; la dichiarazione di Legambiente e Lav (tutori legali dei beagle) informa che i primi trecento beagle, dati provvisoriamente in affidamento la scorsa estate, sono ora messi in salvo definitivamente ieri grazie alla firma di un decreto della procura della repubblica.
La notizia è sicuramente positiva per tutti gli animalisti che hanno visto nella fine di Green Hill non solo un evento importante per aver salvato la vita a tutti i cani dell’allevamento ma anche una storica tappa politica nella lotta alla vivisezione in Italia. Attualmente il dibattito sulla sperimentazione animale è sempre più acceso: in tutta Europa si raccolgono quotidianamente firme per riscrivere le direttive europee sulla questione e l’Italia sembra essere particolarmente sensibile all’argomento avendo già superato le 500.000 firme.
Nel corso dell’anno sono state molte le manifestazioni degli animalisti contro aziende e laboratori che rientrano tra i maggiori esponenti coinvolti nella vivisezione. Esempi concreti possono essere le manifestazioni tenutesi ad Udine a Marzo per la chiusura di Harlan; le proteste a Pomezia di fronte alla Menarini nel mese Maggio, concluse con la liberazione di otto beagle destinati alla vivisezione; la protesta a Roma gruppi di animalisti hanno manifestato di fronte all’ambasciata Rumena chiedendone l’espulsione dall’U.E. per l’approvazione della recente legge che autorizza l’uccisione tout-court dei cani randagi -il che esula dalla questione della sperimentazione ma è sempre argomento sensibile e di interesse per questi gruppi che sono coinvolti su più fronti.
Il dibattito riguardante la vivisezione è quindi sempre più attuale, specialmente perché notizie e discussioni etico-politiche riguardanti metodi di ricerca alternativa (che si tratti o meno delle famose cellule staminali) sono spesso al centro dell’attenzione mediatica. Certo è che quando si parla di sperimentazione animale non sempre l’attenzione è così alta specialmente perché, nonostante le vittorie come quella di Green Hill, si tratta ancora del metodo di ricerca più comune. Chi sostiene quella che viene considerata una barbarie (anche da voci autorevoli in ambito scientifico) spesso afferma che si tratta dell’unica scelta possibile ai fini della ricerca medica. Il discorso va focalizzato però su un altra questione: i test animali per i cosmetici possono essere considerati ricerca medica? E quelli per la ricerca di cure per le malattie più disparate, siamo sicuri che non abbiano altre possibilità al di fuori della vivisezione? Effettiva impossibilità scientifica o poco interesse nell’investire in metodi di ricerca alternativa per volere religioso o di qualche industria farmaceutica?
Alessandro Bizzarri